Cultura e Spettacoli

Il mistero di Albarosa nel territorio di Bisceglie

La storia del dolmen di Albarosa, uno dei tre presenti nel territorio di Bisceglie (gli altri due sono il ‘Frisari’ e il ben più noto ‘Della Chianca’) è emblematico di come indagando in una direzione si possano scoprire cose di tutt’altra natura. Fino al 1909 in località Albarosa, in prossimità del crepaccio della lama di Santa Croce, esisteva un ‘specchione’. Quest’ultimo termine è accrescitivo di ‘specchia’, nome col quale da noi sono noti certi cumuli di pietra a forma conica e di origine preistorica ottenuti spietrando terreni destinati all’agricoltura o all’allevamento. Ma si parla pure di luoghi di avvistamento, di luoghi di segnalazione, di are sacrificali… La maggioranza degli studiosi concorda sull’ipotesi di rudimentali sepolcri. Riservati a re, guerrieri e grandi sacerdoti, questi monumenti erano il frutto di un reiterato gesto devozionale : fedeli e viandanti omaggiavano il glorioso defunto depositando un sasso sul luogo d’inumazione. E un sasso a testa tutti i giorni nel corso dei secoli… Torniamo al nostro specchione. Ai primi del Novecento un archeologo, Francesco Samarelli, incuriosito da segni di scavo che scendevano verticalmente verso il cuore del tumulo, volle indagare. Fece asportare tutte le pietre. Tornò così alla luce il dolmen, all’interno del quale riposavano i resti di numerose persone. Perché seppellire un dolmen sotto una montagna di pietre? Se si parte dall’assunto che la specchia precede storicamente il dolmen, il gesto appare inspiegabile. A meno di pensare ad altro, come la necessità di nascondere quel monumento funebre. Si pensi ad un dolmen che funzionasse come cappella ‘gentilizia’ di un clan potentissimo. Una tribù nemica uscita vincitrice da una guerra potrebbe aver desiderato di cancellare quella sorta di status-symbol. Non disponendo di dinamite e ruspe e nulla potendo il fuoco contro megaliti, l’unica era sommergere il dolmen con un’enorme quantità di sassi. Per quelle menti primitive cancellare dalla vista equivaleva a cancellare dalla Storia. Alla stessa risoluzione si sarebbe giunti anche in tempo di pace, ma nel caso di dicerie inquietanti : non-morti che a notte escono dai loro sepolcri e vagano esercitando influssi nefasti sui villaggi vicini… Qui invece il seppellimento sembra dettato dall’urgenza di sigillare una pericolosa ‘tana’. Chissà cosa potrebbe nascondersi nelle poche specchie pugliesi rimaste in piedi. Sono 18 nel territorio di Ceglie Messapica, dieci in quello di Villa Castelli ; altre sono distribuite nei territori di Cisternino, Fasano (frazione di Montalbano) e Francavilla Fontana. Diverse specchie sono presenti anche nel territorio di Oria. Nel Salento meridionale saranno una decina nell’area compresa tra Martano, Ugento, Cavallino e Presicce. – Nell’immagine, una ricostruzione della fasi di costruzione di un dolmen.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 7 Luglio 2017

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