Cultura e Spettacoli

La messa è anomala? No, sovversiva!

Il 10 febbraio 1849 a San Nicola, si celebrava una messa destinata a far discutere. L’autorità religiosa, imbarazzatissima, si limitò a parlare di “celebrazione anomala”. Quella civile, addirittura indignata, aprì un’inchiesta dove si diceva di “gesto sovversivo”. Pietra dello scandalo il fatto che l’officiante, quasi si fosse trattato di una messa in suffragio di defunti, avesse osato raccomandare al Cielo la “perduta Costituzione”. La Costituzione qui in oggetto era quella che il 10 febbraio dell’anno prima Ferdinando II di Borbone aveva emanato sollevando le speranze dei liberali di tutta Italia. Ma appena tre mesi dopo il monarca duo-siciliano, incapace di controllare le conseguenze (inattese) di quell’ardita concessione, aveva pensato bene di ritirare la Costituzione. Di qui, il clamoroso gesto del presbitero barese, il quale se solo avesse immaginato a cosa stava andando incontro, forse sarebbe stato più prudente. E sarebbe vissuto più a lungo. Francesco Saverio Abbrescia, che allora aveva solo 38 anni (era nato a Bari il 12 luglio 1813) sarebbe morto di lì a poco. Processato a maggio del 1851, si vide l’azione giudiziaria annullata da un indulto del successivo 3 luglio. Ugualmente, rimase segnalato come “liberale pericoloso”. Circondato dal sospetto, sottoposto a pedinamenti e, pare, allo spionaggio di un altro canonico, il povero Abbrescia se ne fece un malattia. Si spense a Bari il 9 novembre 1852. Tutta colpa della poesia. Già autore di numerose liriche di carattere sacro e profano, Abbrescia, all’indomani della promulgazione della carta costituzionale, aveva celebrato l’evento con tre odi in dialetto barese, lingua della quale era cultore. Una cosa che non era sfuggita ai circoli più retrivi dell’intellighenzia barese, che tenendo d’occhio l’Abbrescia e altri liberali si tenevano pronti a scatenare la reazione appena il vento fosse cambiato. Alla notizia che il Re si era ‘rimangiato’ la Costituzione, il canonico barese fece il gioco dei suoi nemici celebrando la famosa messa ‘anomala’. E buon per lui che non andò oltre. Se in alternativa avesse intinto la penna nel veleno per comporre epigrammi mordaci all’indirizzo del sovrano, forse sarebbe morto assai prima e nello squallore di un bagno penale piuttosto che nel conforto del proprio letto. Così, prematuramente, Bari perse uno dei suoi migliori figli. Come poeta e intellettuale, Abbrescia godette della stima dei personaggi più in vista dell’epoca tra cui Giordano Bianchi Dottula e Angelo Mai. Fu anche socio dell’Accademia Pontiana, dell’Accademia Romana di Religione Cattolica, dell’Accademia dell’Arcadia e della Società Economica della Provincia di Bari.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 12 Luglio 2017

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