Cultura e Spettacoli

‘Molecolare’… chiamatemi: di Sant’Uberto

Tre giorni fa, in occasione delle ricerche di Noemi Durini, la studentessa di Specchia scomparsa domenica scorsa, molti pugliesi hanno appreso dell’esistenza dei ‘cani molecolari’. Non si tratta di ‘modelli’ di Teksta, Aibo, Genibo o Zoomer, nomi che indicano i più noti cani-robot, questi inquietanti parti di laboratorio che un domani, si prevede, andranno a sostituire i nostri fedeli quattro-zampe. Si tratta invece di esemplari di Blooshound, detti anche Chien de Saint-Ubert o cani di Sant’Uberto, una razza che, già in possesso di un fiuto eccezionalmente sviluppato, viene addestrata in modo differente all’unico scopo di sviluppare ancora questa preziosa dote. Il cane di Sant’Uberto, questa razza canina di origine belga (i primi esemplari furono allevati dai monaci dell’omonimo convento nelle Ardenne) è il più famoso segugio del mondo. Un primato che gli deriva dalla particolarità di possedere quattro miliardi di recettori olfattivi, una quantità enorme rispetto alla media degli altri cani. Il cane di Sant’Uberto è in grado di riconoscere la traccia lasciata da un essere umano anche passate molte settimane dal suo ultimo passaggio. In pratica riesce a captare frammenti di quella traccia olfattiva così minuscoli da richiamare l’idea della molecola (di qui il sopranome giornalistico e non scientifico di ‘cane molecolare’). Ciò significa che sa pure conservare memoria di uno specifico odore, riuscendo a distinguerlo dagli altri allo stesso modo in cui noi riconosciamo un cibo dal profumo che emana, anche se l’ultimo assaggio risale a molti anni prima. Molto utilizzato nel medioevo come animale da caccia, durante la Grande Guerra il Blooshound trovò largo impiego come coraggioso e tenace cane di ricerca e soccorso di feriti. Dopo le ultime selezioni che l’hanno portato alla definitiva catalogazione FCI, il Sant’Uberto si presenta come un cane meno imponente che in passato. Osservando l’immagine c’è da rabbrividire alla sola idea. E ciò spiega perché a suo tempo il Cane di Sant’Uberto sia stato ibridato con alcuni molossi per selezionare una macchina da guerra molto apprezzata prima dai Conquistadores per sterminare gli indios, poi dai negrieri cubani per riacciuffare gli schiavi fuggitivi, infine dai pionieri in Florida per liberarsi dei pellerossa. Quanto a carattere, il cane di Sant’Uberto è un animale particolarmente affettuoso e docile, persino schivo con gli estranei. Quando è impegnato a seguire una pista olfattiva non riesce a prestare attenzione a nient’altro, nemmeno alla voce del padrone. Dicono sia facile da educare essendo assai sensibile alle lodi come ai rimproveri, purché non aspri e seguiti da punizioni.

Italo Interesse


Pubblicato il 13 Settembre 2017

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