Cultura e Spettacoli

1627, tsunami in Puglia

C’è chi crede che l’entità di un’onda anomala sia in proporzione al mare che la produce. Ovvero, la catastrofe può essere scatenata da un Oceano (guarda cosa è successo in Giappone), piuttosto che da un mare chiuso o circoscritto, l’Adriatico, per esempio. Niente di più sbagliato. Il 30 luglio 1627, nel contesto del gravissimo sisma che colpì il Gargano, un muro d’acqua si abbatté sulla costa da Termoli a Manfredonia provocando l’allagamento della pianura tra Silvi e Mutignano e l’inondazione delle campagne di Sannicandro Garganico. La furia del mare aggiunse danno a danno ; nel complesso le vittime furono quasi  5000. In un relazione anonima dell’epoca si legge : «Il terremoto… in Puglia… ruinò affatto le Terre, e Città intiere, con segni prodigiosi, e durò tre hore interpollatamente… In alcuni luoghi… si sentirono voci dolorose, che per il gran timore, e strepitio della gente, non si poté distintamente intendere le parole, in modo che pareva fosse giudizio universale, come fu per quelle povere anime, la quantità delle quali per hora non si può sapere». E’ stato calcolato che il sisma, distribuito in più scosse, toccò l’undicesimo grado della Scala Mercalli. Le località più danneggiate furono Apricena, Lesina, San Paolo di Civitate, Torremaggiore, Serracapriola e San Severo. In quest’ultimo centro «cascò tutta (la città) senza restare in piedi che una sola casa, nella quale vi era una grotta grande, cisterna e pozzo, con mortalità infinita di donne, figlioli, vecchi e altre persone civili, che a quell’ora si trovavano in casa». In proposito esiste anche un’altra testimonianza, questa volta a firma di Antonio Lucchino e risalente al 1630 : «Per quattro giorni avanti del terremoto si vidde una quiete d’aria grandissima, che non spiravano venti, nemmeno una minima aura, ed i caldi erano eccessivi, e quasi insopportabili. Il sole tanto al nascere, quanto al tramontare, si vedea carico di vapori grossi, in maniera, che facilmente senza offensione vi si poteva fissare gli occhi; e il giorno del terremoto fu assai maggiore il caldo, la quiete e l’adombramento de’ vapori attorno al sole… E più di venti giorni prima fu una grandissima pioggia nella Puglia, e maggiore nelle nostre parti, che, ancorché fusse di mezza està, si vedevano le campagne piene di acque, che da lungi parevano laghi, e paludi, a cui poi seguirono caldi eccessivi. A’ ventisette di luglio, tre giorni precedenti, fu l’ecclissi della luna, che si oscurò tutta l’orbita, e dal principio dell’oscurazione sino alla fine vi passarono sei ore. Si guastarono le acque de’ pozzi e, con maraviglia e stupore di chi le gustava, davano odore sulfureo, e grave. E… giunta l’ora fatale, sedici del giorno, si udì muggir la terra non a guisa d’un toro, ma di grandissimo tuono, che non si saprebbe dare altra comparazione, poichè offuscava la mente e l’udito ; ed appresso subito sì vidde ondeggiare la terra a guisa che sogliono l’ onde nel maggior agitamento del mare, in maniera che io ed i miei compagni fummo battuti da quell’impeto di faccia a terra… Tutti, restati sbigottiti e pieni di timore, andammo con sollecito piede verso la Città per soccorrere i nostri parenti e cittadini, se si poteva… giunsimo nella città, lontana da quel luogo quasi uno stadio…  e in un subito si rappresentò a’ languidi occhi caso di molta pietà e compassione; poichè oltre le alte e lamentevoli grida, che s’udivano per tutto dei salvi, che piangevano la comune e privata disgrazia, si vedevano uscir fuori della città le meste genti impolverate in maniera che non vi si poteva in modo alcuno scorgere effigie umana… Si vedevano altri portar fuori corpi morti, altri semivivi, ed altri storpiati, che non potevano camminare; e li buttavano per la campagna con tanti lamenti e pianti, che occupavano le menti, e poteva dirsi aver cuor d’aspro macigno chi non accompagnava loro con lamenti e pianti. Quei che non avevano patito cosa alcuna si davano attorno agli orti a far capanne con sprovieri di tela e lenzuoli, che si potevano con tanta necessità ritrovare. Noi intanto entrammo nella città, dove s’udivano maggiori i pianti e le strida, piangendo chi il padre, chi la madre, altri i figli, i fratelli e le sorelle, chi gli amici ; e in tanta confusione di cose quel che dava più terrore era che la miseria dell’uno affliggeva maggiormente l’altro in maniera che vano sembrava ogni soccorso ed ajuto»
 
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Pubblicato il 17 Marzo 2011

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