Cultura e Spettacoli

400 mila lire per un talento così? Non se ne parla

Qualcuno ha detto che anche il Bari ha avuto il suo Meroni: si chiamava Cesarino Grossi, era nato a Bari il 22 gennaio 1917 – sicché ne ricorre oggi il 105° anniversario – vestì la casacca biancorossa 46 volte prima di perdere la vita in Albania all’età di soli ventidue anni. Era un talento. Atleta minuscolo (era alto 1,66 e non raggiungeva i 60 kg), Grossi era un giocatore assai tecnico: freddo, veloce, scattante e dotato di grande visione di gioco, sapeva sia mandare a rete che finalizzare (mise a segno 14 reti). Proprio quando era prossimo a vestire la maglia azzurra o di un club più competitivo, Grossi venne chiamato a prestare servizio militare. Lo mandarono in Albania, che da poco l’Italia aveva conquistato “per la sicurezza delle coste adriatiche”. Cosa sia successo a Cesarino il 22 aprile 1939 nel paese delle aquile non si è mai capito bene. Di ufficiale resta un comunicato dell’Autorità Militare che annunciava la morte del soldato Grossi Cesare avvenuta nella capitale albanese per colpa di un fulmine. In seguito si sparse la voce, mai confermata, che ad ucciderlo era stata la pallottola di un partigiano: Cesarino stava bevendo ad una fonte quando un cecchino… Se le cose andarono realmente così, il Regime dovette ritenere ‘inadeguata’ una morte siffatta per un personaggio tanto popolare. Guardando le cose dalla parte della propaganda e in ottica fascista, non era da figli della lupa, non era da italiani morire così. Bisognava trovare di meglio. L’atleta morto durante un’esercitazione? Impossibile, gli uomini del Duce potevano cadere solo in combattimento! Allora Grossi che muore guidando l’assalto ad una postazione nemica… Macché, lo sapevano tutti che gli albanesi avevano rinunciato a combattere all’atto dell’invasione. Meglio un fulmine, allora, questa potente espressione di volontà piombata dall’Alto. La folgore dava di Zeus, di mitologia, di epica, di colli fatali e di città eterna. Allora il fulmine. Chi mai avrebbe osato pretendere un’autopsia? Il solo avanzare sospetti avrebbe messo nei guai anche i familiari più stretti (nessuno dei quali, forse, vide mai le spoglie del congiunto, che giunsero a Bari circa una settimana dopo la tragedia, sicuramente in un cofano sigillato). Il nostro ‘centravanti tascabile’ o ‘mezzo balilla’, come affettuosamente amavano chiamarlo i tifosi biancorossi, esordì in serie A il 18 aprile 1937  in Ambrosiana-Bari (2-2). Nella circostanza fu involontario protagonista di un episodio comico: All’ingresso a San Siro, il Bari si ritrovò in dieci. Dov’era andato a finire Grossi ? Si scoprì poco dopo che gli addetti alla vigilanza, ingannati dal volto fresco e dal fatto d’indossare pantaloni corti, avevano scambiato Cesarino per un intruso… Grossi in quella partita si mise così in luce che di lì a poco la società nerazzurra si fece avanti con una proposta maiuscola : quattrocentomila lire per il cartellino del giocatore. Ma il Bari rispose picche. Nel 2010, su iniziativa congiunta dell’Unione Nazionale Veterani dello Sport e del comune di Bari è stata intitolata a Cesarino Grossi una delle salite dello Stadio San Nicola.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Gennaio 2022

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