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“A Bari ho pagato l’infortunio ma soprattutto tanta incompetenza a livello societario”

Cresciuto nelle giovanili della Cremonese ha esordito nei professionisti con la stessa squadra lombarda, conquista una promozione in B ed arriva a giocare nella massima serie disputando anche ventidue presenze. Stiamo parlando di Ivan Rizzardi, ex calciatore con un passato anche in biancorosso. Subito dopo nell’estate del 1990 l’ex direttore generale del Napoli, Luciano Moggi lo potò alle Appendici del Vesuvio, dove disputò la sua migliore annata, vincendo anche la Supercoppa Italiana. Ha concluso la sua carriera in biancorosso, pagando a caro prezzo un infortunio e la disorganizzazione societaria di quel tempo. L’ex Bari, divenuto in seguito anche tecnico soprattutto sempre a stretto contatto con i settori giovanili, si è prestato ad una chiacchierata con noi con vista anche sui Galletti allenati con merito da Vivarini.

Mister innanzitutto, auguri, perché qualche giorno fa ha compiuto gli anni. Ha mosso i suoi primi passi fino ad arrivare nei professionisti nella Cremonese che ha lanciato un grande mito del calcio, Gianluca Vialli. Raccontaci la tua esperienza e se con Vialli ti sei mai incrociato e o giocato?

“Luca, io lo chiamo Luca è un amico. L’ho visto due giorni fa, e sta in forma, a prescindere dal male per il quale lotta, lui è un guerriero indomito. A Cremona io ero più giovane, non abbiamo mai giocato insieme, ma ci siamo sfidati. Penso che sia stato un giocatore di altissimo livello, sono felicissimo per il ruolo che riveste nella Nazionale di Mancini. A Cremona, ma non solo è stato il giocatore più importante. Quanto a me, pur vivendo a Brescia, conservo ottimi ricordi, con un gruppo di sette-otto giocatori di quel tempo, ci vediamo quasi una decina di volte all’anno per una pizza tra amici che si raccontano. Con la Cremonese ho avuto modo di giocare tra i professionisti ed arrivare in serie A, sarò per sempre grato”.

Nel calcio attuale non riveste più nessuna mansione, però tu sei sicuramente grato all’ex direttore generale Luciano Moggi per averti portato al Napoli dove hai avuto modo di giocare con campioni e anche di vincere. Raccontaci?

“Si, verissimo sono grato all’ex direttore di Napoli e Juventus, una persona a modo e competente. Mi ha voluto fortemente a Napoli e gli sono grato, senza ombra di dubbio è stata la mia migliore stagione. Ho avuto la fortuna di giocare con Maradona, dai suoi piedi si vedevano solo magie e nascondeva la palla come nessun altro. Un campione, ma non solo perché c’erano i vari Careca, Alemao, tantissimi giocatori a cui sono rimasto tutt’oggi legato. Quella Supercoppa italiana vinta che hai citato, battemmo per 5-1 la Juventus davanti a sessantaduemila spettatori ufficiali, ma forse erano anche di più. Il calcio per eccellenza in una piazza calda”.

A Bari poi, sei stato portato da un altro direttore sportivo e compianto Franco Janich. Venticinque presenze in due stagioni, con una retrocessione in B ed una mancata promozione, nonostante c’erano grandi giocatori in rosa in entrambi gli anni. I tuoi ricordi e che situazione hai vissuto, dato che ci furono nel secondo anno anche delle contestazioni da parte della tifoseria organizzata?

“Su Janich ho già pianto poco tempo fa, Un grande uomo, prima che direttore sportivo, lui mi portò a Bari, ma era già in rotta con la società perché c’erano troppe persone che volevano dire la propria e prendere decisioni. Nomi non c’è bisogno che ne faccio, però Vincenzo Matarrese, gran brava persona ma non capiva di calcio e si era attorniatodi persone e dirigenti che hanno fatto solo disastri e rotto un giocattolo che funzionava. Il primo anno c’era in squadra anche un certo David Platt, ma era tempo di elezioni ed il giocatore quasi più pagato anche tanto per l’epoca, era sempre in giro per la campagna elettorale con il presidente. Cambiammo due tecnici e retrocedemmo. Vi svelo che i ritiri iniziavano dal mercoledì, c’era molto caos. Nell’anno successivo, lo stesso, nonostante gente come Joao Paulo, Robert Jarni, il compianto Cucchi (che piango ancora per lui, ndr), capitan Loseto, Sandro Tovalieri. Molti dei quali l’anno dopo conquistarono la promozione. A Bari ho ancora tanti amici, anche se non vengo spesso. Ma il problema di quel Bari era la dirigenza non all’altezza. Si, quando le cose non vanno e ci sono aspettative, in una piazza che vive di calcio ed è legatissima ai colori della propria città come in poche altre, è normale dissentire e che la tifoseria non fosse felice. A me personalmente bloccò un infortunio e ne condizionò il mio rendimento, ma non è un alibi, ci furono tante altre situazioni nei confronti del sottoscritto e di altri giocatori, che non nomino, che furono delle vere e proprie mancanze. Da bari sono passati tanti campioni in quegli anni, da Angelo Carbone, Terracenere, se in tanti se ne sono andati, alla base ci sarà sempre un motivo, tuttavia, è passato, si guarda al presente. Ho chiuso la carriera giovane a causa di qualche infortunio di troppo e non c’erano le adeguate cure mediche, e poi ho ricominciato un po’ di anni dopo da allenatore delle giovanili”.

Svelaci più dettagliatamente che difensore e quali caratteristiche avevi, e se hai rimpianti?

“Sono contento di aver avuto tanto dal calcio, premetto questo. Non mi sono di certo arricchito dal calcio, ma ho avuto la fortuna di giocare in piazze importanti e con campioni da Maradona a Jarni nel Bari che mi hanno lasciato un ricordo indelebile. Tecnicamente ero un difensore di spinta, un mancino di qualità che non si tirava e metteva mani la gamba indietro. Grintoso e determinato. Ho realizzato pochi gol, anche una presenza in Coppa Campioni contro l’Ujpest, con la maglia del Napoli. E poi, ho avuto la fortuna, forse cosa rara nel calcio moderno, di trovare uomini, giocatori con i quali tutt’oggi ci incontriamo per una reunion, una ‘pizzata’. Il rimpianto? Forse qualche infortunio di troppo con le dovute cure mediche e se avessi trovato dei dirigenti all’altezza, parlo della mia ultima esperienza capaci, avrei potuto giocare ancora qualche anno a buon livello. Ma va bene, sono sempre grato a quanto ho avuto”.

Sul Bari di Vincenzo Vivarini che ha concluso il girone di andata al secondo posto effettuando una strepitosa rimonta dal nono al secondo posto. Dove pensi potranno arrivare nel girone di ritorno, vista una concorrenza agguerrita ed una Reggina capolista che corre come nessun’altra?

“Da quello che sto seguendo, si vede una Reggina con una marcia in più e straordinariamente costante. L’unica ancora a non aver perso. Il campionato, tuttavia è lunghissimo, e potranno prima o poi, accusare un po’ di stanchezza. Quanto al Bari hanno un organico di qualità e di categoria, hanno pagato dazio ad inizio campionato e cambiato tecnico. Vivarini è un tecnico completo e prearato e lo sta dimostrando da 14 turni imbattuto ma soprattutto una squadra con un’identità. Dietro ovviamente può contare su una società seria e competente, penso che quello potrà essere il loro valore aggiunto e Bari merita una società che faccia programmazione. Sono sicuro che anche se dovessero passare dai playoff, Bari può essere la seconda squadra che possa puntare alla serie B, auguro alla tifoseria barese alla quale sono ancora legato, le migliori fortune calcistiche”.

Infine, l’ultima battuta sui tuoi progetti presenti e futuri?

“Sono cinque sei anni che non alleno più. Tuttavia, sono responsabile tecnico del settore giovanile in una società bresciana, la Calvina, cerco di valorizzare i giovani con le forze che si hanno a disposizione. Spesso scarseggiano, però si vede ancora qualche giovane che con impegno ed umiltà ha voglia di crescere realmente. Le qualità umane, prima ancora della qualità tecnica, però, ovviamente se ci sono dei talenti è giusto che abbiano le loro chance, ma ripeto devono essere messi nelle migliori condizioni, e queste spesso e volentieri scarseggiano, ma questa è un’altra storia da raccontare”.

 

Marco Iusco

 

 


Pubblicato il 18 Dicembre 2019

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