«A che serve essere vivi, se non c’è il coraggio di lottare?»
Il 5 gennaio 1984, a Catania, ucciso da Cosa Nostra, cadeva Pippo Fava, giornalista
E’ stato uno scrittore, un drammaturgo, un saggista, uno sceneggiatore. E’ stato soprattutto un giornalista. Un giornalista coraggioso sino alla morte, che lo colse a soli cinquantotto anni. Erano le 21:30 del 5 gennaio 1984 quando a Catania, all’altezza del Teatro Verga, mentre era a bordo della sua Renault 5, Pippo Fava veniva raggiunto da cinque proiettili calibro 7,65. Esecutore dell’omicidio fu Aldo Ercolano ; mandante : Nitto Santapaola (al presente entrambi stanno scontando l’ergastolo). Una morte annunciata, e già da prima dell’attentato andato a vuoto nel 1981. Fava aveva cominciato a rivelarsi un giornalista scomodo sin dall’esordio, avvenuto nel 1956 sulle colonne di Espresso Sera, testata di cui divenne caporedattore. Si occupava di cinema e calcio, ma aveva il ‘vizio’ di frugare nei panni sporchi di personaggi potentissimi. Tanto ardire, accompagnato da una certa idiosincrasia a sottostare a qualunque ordine di scuderia, gli precluse di salire alla direzione della testata. In un secondo momento, nel 1980, quando gli divenne difficile anche restare nell’organico di Espresso Sera, Fava si vide costretto a passare al Giornale del Sud, che gli aveva offerto la direzione. Fava orientò subito il giornale sulla linea della più dura ed esplicita denuncia della malavita organizzata. Non bastasse, non gli andava giù neanche la presenza militare USA nella base di Comiso. (“A che serve essere vivi, se non c’è il coraggio di lottare?”, scriveva in ‘La violenza’, un testo teatrale edito a Palermo dall’Editore Flaccovio nel 1969). Un anno dopo era già sfuggito ad un attentato. Gli editori non esitarono a licenziarlo, nonostante la generale levata di scudi ; poco tempo dopo, il Giornale del Sud avrebbe chiuso i battenti. Senza demordere, raccolto attorno a sé un pugno di collaboratori fidati, Fava dava vita ad una cooperativa, Radar, per poter finanziare un altro progetto editoriale. Nel novembre 1982, così, prendeva vita una rivista a cadenza mensile : ‘I Siciliani’. La nuova pubblicazione si sarebbe rivelata ancora più scomoda per i signori del potere. Già la terra scottava sotto i piedi di Fava il quale, il 28 dicembre dello stesso anno, presentendo la prossima fine vuotò il sacco in una intervista condotta da Enzo Biagi e andata in onda su un canale televisivo della Svizzera italiana : “I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. […] Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il problema della mafia è un problema di vertice nella gestione della nazione…” Il suo funerale, celebrato nella piccola chiesa di Santa Maria della Guardia fu disertato da molti ; tra i pochi presenti erano il Questore, alcuni membri del PCI e il Presidente della Regione Santi Nicita. Grande fu invece la partecipazione popolare della autorità locali in occasione di una seconda cerimonia funebre celebrata presso la Basilica di San Paolo, a Palazzolo Acreide, dove il valoroso giornalista era nato il 15 settembre 1925.
Italo Interesse
Pubblicato il 5 Gennaio 2024