A Corfù ebbe fine l’Esperia
Esperia, espressione con cui i Greci antichi indicavano l’Italia, fu anche il nome di una società segreta fondata nel 1841 da Attilio ed Emilio Bandiera (di cui oggi ricorre il 171esimo anniversario della fucilazione). Era sorta col fine di “conseguire la libertà e l’unità nazionale senza pregiudiziali monarchiche e repubblicane” ; l’anno dopo fu posta alle dipendenze di Mazzini. Quante persone vi facevano parte? Poche, viene da pensare, a giudicare dal numero esiguo di persone che accompagnarono i Bandiera nella sfortunata spedizione che si concluse a San Giovanni in Fiore il 25 luglio 1844 ; con i Bandiera erano diciassette consociati e due avventurieri (Giuseppe Meluso e Pietro Boccheciampe). Ma è probabile che il numero degli iscritti all’Esperia fosse in origine più levato e che si sia bruscamente ridotto al momento della fuga a Corfù, dopo una fallita sollevazione nel Sud Italia. A quel punto il buon senso avrebbe dovuto ispirare ad Attilio ed Emilio che i tempi non erano maturi, vista l’inaffidabilità delle plebi del Mezzogiorno, la diffusione capillare del controspionaggio borbonico e lo scarso credito manifestato dall’Esperia. Lo stesso, i due fratelli s’incaponirono e ancora da Corfù rilanciarono la loro scommessa. Nell’isola greca, che all’epoca per effetto del trattato di Parigi del 1815 era un protettorato britannico, essi avevano “una base allestita con l’ausilio del barese Vito Infante”. Tutte le fonti di cui siamo in possesso convergono su questo punto senza però aggiungere altro. Chi era Vito Infante? Non certamente una figura di spicco, per esempio un armatore, un agente di cambio o un rappresentante diplomatico. Egli aveva comunque dato aiuto all’allestimento di una “base” dell’Esperia. Di qualche mezzo, dunque, doveva disporre. Forse era un commerciante, un albergatore o altra figura professionale al centro di una fitta rete di reazioni sociali. Che fosse anche iscritto all’Esperia ci pare ragionevole. Perché allora non seguì i Bandiera e gli altri diciassette compagni? Vito Infante non doveva essere uno sprovveduto. A suo avviso quell’associazione segreta era da considerarsi un esperimento fallito. Per cui, bisognava desistere da ogni azione, poi riconsiderare le cose (a cominciare dallo scioglimento dell’Esperia), quindi aspettare l’evolversi degli eventi per decidere che fare in futuro. Del suo parere erano anche altri? Possiamo immaginare una tempestosa riunione in un retrobottega conclusa con un ordine del giorno che espelleva dall’Esperia l’Infante e gli altri dissidenti. Ridotti a un pugno d’uomini, costretti a dimostrare di avere ragione, condannati dallo spirito romantico del tempo, i Bandiera e gli altri si imbarcarono consapevoli in cuor loro d’essere uomini già morti. A Corfù, prima ancora che a San Giovanni in Fiore, finì la breve stagione dell’Esperia.
Italo interesse
Pubblicato il 25 Luglio 2015