A Marisabella si pescava da Dio
La storia moderna dei grandi centri abitati è prodiga di ‘c’era una volta’. Il capoluogo pugliese, per esempio, continua a cambiare pelle. Le periferie si dilatano divorando frutteti, orti, uliveti. Palazzi storici cadono sotto i colpi delle ruspe per fare posto ad algide costruzioni in vetro e cemento. Cattivi restauri, abusi e altre libertà architettoniche cancellano dalla memoria la Bari che fu. Anche in acqua non c’è pace. Benché utili, le barriere frangiflutti spezzano la continuità del mare. La costa da San Giorgio a Palese è totalmente antropizzata… Si può dire che i mutamenti più vistosi a Bari abbiano avuto luogo in riva all’Adriatico. Addirittura è scomparsa l’ansa dove anticamente sfociavano – impaludandosi per effetto della modesta portata delle acque e della resistenza delle alghe depositate a riva da uno sfavorevole gioco di correnti – le acque del torrente Picone. Parliamo dell’ansa di Marisabella, che fino a una decina d’anni fa si apriva dove idealmente si proietta via Brigata Bari. Questa insenatura prende nome da quello della Duchessa di Bari Isabella d’Aragona Sforza, che ai primordi del Cinquecento finanziò imponenti lavori di bonifica alla foce del Picone per sollevare la città dai miasmi del limitrofo acquitrino. Non avendo avuto lo stesso impatto paesaggistico dell’eco-mostro di Punta Perotti, la colmata di Marisabella è passata un po’ sotto silenzio. Al posto di un quieto specchio, ora si stende una squallida distesa di catrame e cemento, habitat di mandrie di tir, stanziali e in transito. Così doveva andare, sentenziano i fans della globalizzazione. Gli ambientalisti, all’epoca inascoltati, scuotono ancora il capo. Quel braccio di mare inadatto alla circolazione per via dei bassi fondali si sarebbe potuto facilmente voltare in zona umida, in oasi protetta. Ma non ci sono solo gli ambientalisti a rimpiangere Marisabella. Lì una volta si pescava da Dio. In un’acqua resta più pura da sbocchi sorgivi (soffocare i quali non è stato salutare) si muovevano cefali enormi e con essi anche aguglie, sparlotti, trigliette, occhiate, boghe. Per i soci della Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee l’ansa di Marisabella è stata campo di gara per anni. Un campo da tutti giudicato perfetto per linearità e pulizia, perciò deputato ad ospitare competizioni appassionanti. Ciò che resta delle acque (oggi recintate) di Marisabella è del tutto interdetto alla pesca. E’ da questo punto di vista l’unica area vietata di tutto il porto di Bari, dove si dice si peschi benino (spigole, orate, saraghi…). Ma attenzione a chi vi getti la lenzi, o sei socio FIPSAS e con speciale permesso, o ci rimetti il portafogli tra verbale e sequestro dell’attrezzatura (che fine fa ?).
Italo Interesse
Pubblicato il 14 Giugno 2013