Cultura e Spettacoli

A Maschito la repubblica contadina

Nei giorni rampanti del socialismo, la Puglia annoverò molti paesi ‘rossi’, specie nel foggiano. E durante il Ventennio non pochi figli di quella terra dovettero patire il confino o fare fagotto ed imbarcarsi per le Americhe. Ciò non ostante la Puglia fu solo sfiorata dal fenomeno delle repubbliche contadine. La più vicina a noi di queste espressioni spontanee, fugaci e circoscritte di libertà proletaria ebbe luogo a dieci chilometri da Spinazzola. La Repubblica di Maschito prese vita nell’omonimo piccolo centro del potentino all’indomani dell’8 settembre ’43, dopo la partenza del presidio nazista. La storia di questa ‘repubblica’ non fu diversa dai casi di Sanza nel salernitano, di Calitri nell’avellinese e di Caulonia nel reggino. Nel vuoto di potere venutosi a creare col ritiro dei tedeschi e l’inconsistenza del neonato Regno del Sud, gli strati sociali più diseredati si ribellarono. Anche a Maschito tutto ebbe inizio con l’assalto della popolazione affamata ai depositi di generi alimentari. La poco convinta resistenza opposta da forze dell’ordine risicate e non sufficientemente integrate da uomini della Polizia Alleata non riuscì a mettere in fuga gli assalitori. Non ci fu saccheggio però. Le scorte vennero distribuite con criteri egualitari dai rappresentanti che la folla aveva precedentemente individuato al suo interno. Questo inatteso sentimento di coesione era figlio di una diffusa e strisciante coscienza antifascista esplosa al crollo del regime e che trovò sfogo anche nel movimento di occupazione delle terre, che di lì a breve avrebbe raccolto significativi risultati sul piano politico istituzionale (proroga dei contratti agrari, riduzione dei canoni d’affitto, passaggio dal 40 al 60%  della quota spettante al mezzadro, assegnazione delle terre incolte a cooperative di contadini). Per ragioni di convenienza, la Prefettura riconobbe il nuovo Sindaco, il Segretario Comunale e altre figure istituzionali che, pur insediatesi con procedure  approssimative, restavano espressione di una volontà locale di cui, considerato il delicatissimo frangente, bisognava tenere conto (ma ogni carica sarebbe stata delegittimata di lì a qualche settimana quando il fenomeno si fosse sgonfiato).  La Repubblica di Maschito non conobbe giorni quieti. Il risentimento popolare a lungo covato verso i ‘signori’ (lo stesso sentimento che meno di cento anni prima aveva concorso ad innescare la rivolta contadina in parallelo all’azione dei briganti legittimisti) determinò diversi episodi di violenza a danno di proprietari terrieri e altre figure compromesse col fascismo. Se la videro brutta possidenti e l’ex Podestà, il segretario comunale, il dirigente del Consorzio Agrario, ovvero quanti avevano sottratto risorse alla comunità e si erano arricchiti imboscando generi di prima necessità. La rivolta di Maschito, tuttavia, non degenerò mai in omicidi o linciaggi e nemmeno nell’apoteosi del processo popolare a carico dei ‘nemici del popolo’ celebrato nella piazza del paese.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 7 Ottobre 2014

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