A meno di 90 giorni dal voto, il quadro politico barese non è ancora ben definito
Mancano meno di 90 giorni al rinnovo del consiglio comunale ed all’elezione del prossimo sindaco di Bari, ma lo scenario politico cittadino non è ancora del tutto definito. Infatti, tranne il fatto che, per la coalizione di centrodestra, lo sfidante del sindaco uscente, Antonio Decaro del Pd, sarà il nome sancito dalle primarie di domenica corsa, ossia il civico Pasquale Di Rella, tutto il resto è ancora da definire sia nella formazione di centrosinistra che in quella di centrodestra. Ma forse anche per il M5S la situazione è ancora molto fluida. Infatti, anche se da poco più di un mese il nome del candidato sindaco dei pentastellati è la musicista Elisabetta Pani, dopo il deludente risultato conseguito alle regionali, in Abruzzo prima e domenica scorsa in Sardegna, dai “5 Stelle”, c’è persino chi non esclude qualche colpo di scena dell’ultimo minuto per amministrative baresi nel Movimento politico di Beppe Grillo. Difatti, secondo qualche bene informato il vice-premier penta stellato Luigi Di Maio, dopo i risultati sardi del Movimento, avrebbe già concordato con il capo della “Casaleggio& Associati” e gli altri esponenti politici di spicco della formazione penta stellata nazionale di dare il via libera in tutte le prossime elezioni locali alla possibilità di alleanze territoriali del M5S con formazioni civiche. E ciò – sempre secondo indiscrezioni – potrebbe accadere anche per le amministrative baresi del 26 maggio. Ed, in tal caso, potrebbe essere possibile anche un cambio in corso del nome da presentare a candidato sindaco del capoluogo. Di certo – ha riferito lo stesso bene informato – i 36 nomi della lista comunale dei “5 Stelle” e quelli dei candidati nei cinque Municipi di decentramento amministrativo di Bari saranno scelti non più soltanto tra gli attivisti del Movimento, ma anche (e soprattutto) tra la società civile, in modo che dette liste siano elettoralmente competitive non unicamente per il simbolo, ma anche per la “qualità” dei nomi proposti agli elettori delle rispettive realtà in cui si vota. Ma il mosaico degli accordi e delle alleanze, a Bari, è ancora da mettere a punto anche nel centrodestra e nel centrosinistra. Infatti, nel centrodestra sono appena partiti i tavoli di incontro delle diverse sigle politiche che già compongono la coalizione con il candidato sindaco scelto, Di Rella. Ma a quest’ultimo è affidato anche il compito di tentare di recuperare a suo sostegno anche due probabili concorrenti, la consigliera comunale uscente Irma Melini (ex Forza Italia) e l’avvocato Ascanio Amenduni, che hanno annunciato di voler essere in pista per la poltrona di sindaco di Bari, mettendosi rispettivamente a capo di una propria formazione civica. Liste, queste, che ai fini pratici sottrarrebbero voti quasi esclusivamente alla coalizione di centrodestra, visto che sia Melini che Amenduni dichiarano di essere espressione di un’area politico-culturale sicuramente non di centrosinistra. Un problema analogo potrebbe esserci anche per il sindaco uscente Decaro, ricandidato per il centrosinistra, che potrebbe vedersi spuntare a sinistra della sua coalizione una “lista rossa” che porti come candidato sindaco un volto noto dell’area di sinistra cittadina tradizionale, quale potrebbe essere l’ex consigliere comunale Sabino Derazza di Rifondazione comunista. Ma nel centrosinistra barese le “gatte da pelare” di Decaro sono ancora più di una. Infatti, per il candidato sindaco uscente c’è ancora da risolvere il problema se accogliere o meno all’interno della coalizione di centrosinistra di due ex esponenti di spicco e di peso del centrodestra, quali sono per l’appunto l’ex Primo cittadino del centrodestra ed ex deputato forzista Simeone Di Cagno Abbrescia e l’ex consigliere regionale e senatore di Forza Italia Massimo Cassano. Di Cagno Abbrescia quasi certamente non presenterà una lista col suo nome a sostegno di Decaro, ma che verosimilmente vorrebbe e dovrebbe candidare la consorte, Angela Albergo, in una delle liste civiche a supporto dell’uscente Primo cittadino. Mentre Cassano – secondo indiscrezioni – punterebbe addirittura ad avere una propria lista (Puglia Popolare) all’interno della coalizione di centrosinistra che sostiene Decaro. Però, Decaro sarebbe forse anche contento di avere a supporto sia Di Cagno Abbrescia che Cassano, ma si mostra apparentemente riluttante al loro sostegno forse solo perché una parte della propria coalizione (quella vicina all’ex governatore pugliese Nichi Vendola, ma non solo!) è alquanto “allergica”, e quindi perplessa, agli accordi politici (e non solo!) sottostanti all’approdo nel centrosinistra di Cassano e Di Cagno Abbrescia. Infatti, considerato che in precedenza il sindaco Decaro, durante i suoi cinque anni di mandato, non ha affatto disdegnato di portare dalla propria parte ben 5 consiglieri comunali, che alle amministrative del 2014 erano stati eletti nelle fila del centrodestra (di cui uno, Lacoppola, addirittura sin dalla seduta di insediamento del consiglio comunale in carica, mentre altri tre esponenti di centrodestra li accolse in maggioranza meno di sei mesi dopo la sua elezione a Primo cittadino ed un altro ancora meno di un anno fa), mentre solo ora inspiegabilmente disdegna di simili personaggi politici. Infatti, tale comportamento politico di Decaro ora appare quantomeno strano e contraddittorio a giudizio di molti cittadini baresi che evidentemente non ritengono il Primo cittadino di certo un vero “campione” di coerenza e lealtà politica, ma verosimilmente solo di opportunismo. Ed in effetti unicamente di “opportunismo politico” potrebbe essere la scelta di Decaro di rifiutare nella sua coalizione liste e presenze che hanno come riferimento ex autorevoli esponenti del centrodestra barese. Ma Decaro forse non sbaglia in questa sua decisione. “In effetti – si chiedono in molti – perché gli elettori baresi di centrodestra alle prossime elezioni dovrebbero votare nel centrosinistra i candidati di Cassano e Di Cagno Abbrescia?” Infatti, non sempre l’elettorato è cieco. Soprattutto quando a beneficiare di quei consensi dovrebbe essere chi fa pure finta di non volerli. E ciò in politica, oltre che chiamarsi, è anche “ingratitudine”.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 28 Febbraio 2019