Cronaca

A pesare sui rincari sono soprattutto i costi energetici e le speculazioni

A pesare sugli attuali rincari sul costo allo scaffale di pane, prodotti da forno e da pasticceria non è il rialzo del prezzo del grano tenero, che tradizionalmente incide di pochissimo rispetto al costo finale di questi prodotti (ndr – spesso meno del 10%), bensì a pesare notevolmente sono i costi industriali energetici e le speculazioni che ne conseguono. A denunciare tale situazione è Cia-Agricoltori italiani che, in una nota, ha fatto presente che ad  impattare maggiormente sull’industria della panificazione e sulla distribuzione sono i rincari di elettricità, gas, carburante per la logistica, imballaggi, oltre al fatto che la Gdo (Grande distribuzione organizzata) scarica interamente sui consumatori finali aumenti che invece potrebbero essere riparti equamente su tutta la filiera produttiva e distributiva, per un possibile minor aggravio sulle tasche dei cittadini. Cia ricorda, infatti, che il prezzo del frumento tenero è aumentato già da molti mesi, ben prima del conflitto in Ucraina. In ogni caso, – ha rilevato l’Associazione rappresentativa degli agricoltori – non ci sono speculazioni dalla parte agricola, che non si è arricchita per questi rialzi poichè ha venduto il grano ai commercianti in estate a 22 euro, mentre ora il prezzo è di 34 al quintale. Né tantomeno, con tale denuncia, Cia vuole lanciare allarmismi sul tema del sovranismo alimentare, perché – precisano i vertici di questa Associazione nazionale di agricoltori – non abbiamo il pericolo di restare senza pane, né ci sono colli di bottiglia nell’approvvigionamento di grano tenero dall’estero. Contrariamente, invece, per la situazione dei fertilizzanti, dove a preoccupare è l’esorbitante aumento dei prezzi del gas naturale che ne è l’ingrediente principale per la loro produzione. Infatti, – hanno rilevato nella recente nota Cia-Agricoltori italiani – proprio ora che siamo nel periodo dei trattamenti nei campi, c’è rischio di una riduzione del loro utilizzo, che impatterà sulla qualità del prossimo raccolto.  Quindi, per i rappresentanti di tale Associazione agricola, a pesare sui rincari di prezzo nel settore non è tanto la congiuntura bellica, quanto i fattori di natura strutturale e speculativa. Infatti, secondo quanto riferisce Cia-Agricoltori italiani, la forte pressione internazionale sui cereali ha a che fare soprattutto con l’incertezza legata al lungo periodo pandemico e all’andamento negativo dei raccolti a livello mondiale, dovuto a siccità e climate change., tenendo presente che, nel caso dell’Italia, le importazioni di grano tenero da Russia e Ucraina sono assolutamente marginali (5%) e sostituibili con fonti di approvvigionamento alternative, senza particolari ripercussioni sulla nostra industria alimentare, che però deve far fronte ai ben più gravi problemi dell’esplosione dei costi energetici e logistici. Cia rileva, inoltre, che l’import da Russia e Ucraina riguarda tipologie di frumento tenero ad alto contenuto proteico, per prodotti di lunga lievitazione destinate alla biscotteria, non certo alla panificazione, sulla quale si concentra in questi giorni l’allarme di molti.  Pertanto, in merito alla questione del sovranismo alimentare, per Cia il tema non è il deficit dell’import da compensare con la produzione nazionale (attualmente viene coperto il 35% del nostro fabbisogno di grano tenero), semmai di gestire in modo più efficiente la filiera internazionale. Infatti, la preoccupazione di Cia riguardo alla congiuntura bellica risiede, invece, sui rincari eccezionali dei fertilizzanti a base azotata di provenienza russa (nitrato d’ammonio e urea), che hanno fatto registrare aumenti del +380% sul livello dell’ultimo trimestre del 2020. E questo dato è allarmante per tutta l’agricoltura italiana, non solo per il settore cerealicolo. Su quel versante, poi, la preoccupazione maggiore non è sul frumento tenero, ma soprattutto sul grano duro, che è l’ingrediente principale per la produzione della pasta, poiché i nostri coltivatori hanno bisogno di fertilizzanti per ottenere l’elevato contenuto proteico richiesto dall’industria pastaia nazionale, fiore all’occhiello del ‘Made in Italy’.Invece, a preoccupare i Consorzi Agrari d’Italia è maggiormente il blocco dell’export dell’Ungheria, per cui sarebbe fondamentale un intervento del Governo per far rispettare i principi europei di libero scambio. Infatti, secondo i Consorzi Agrari d’Italia, il nostro Paese a breve potrebbe avere un problema di approvvigionamento di prodotti agricoli se l’Ungheria, da cui importiamo quasi il 30% di grano tenero e il 32% di mais, confermasse l’intenzione manifestata in questi giorni di limitare le esportazioni per coprire il fabbisogno interno e far fronte ad una crisi più lunga. Difatti, per Cai, il blocco dell’export ungherese si sommerebbe allo stop delle importazioni, a causa del conflitto in corso, da Russia e Ucraina che pesano per il 6% sul tenero e per il 15% sul mais che arriva nel nostro Paese. “È chiaro che questa situazione – ha spiegato l’amministratore di Consorzi Agrari d’Italia, Gianluca Lelli – deve indurre ad una profonda riflessione quanti, in questi anni, con atteggiamento speculativo, hanno preferito puntare su produzioni estere piuttosto che valorizzare il prodotto italiano di qualità”. Quindi, ha aggiunto Lelli: “Bisogna lavorare per incrementare le nostre produzioni e garantire, attraverso i contratti di filiera, una filiera equa in ogni anello della catena, dal produttore al consumatore”, poiché “le limitazioni decise dal governo magiaro aprono una crisi profonda per gli approvvigionamenti in Italia”. E, “per questo motivo – ha concluso il presidente di Cai – è fondamentale l’intervento del Governo per far rispettare i principi di libero scambio all’interno dei Paesi dell’Unione europea”. Scenario, quelli innanzi descritti sia da Cia-Agricoltori italiani che da Consorzi Agrari d’Italia, che al momento non lasciano di certo tranquilli sia i produttori agricoli che i consumatori italiani. E, quindi, anche il nostro mercato interno e delle esportazioni nazionali, che ad oggi è in balia soprattutto dei “venti” indotti dalla guerra russo-ucraina in corso.

Giuseppe Palella

 

 


Pubblicato il 8 Marzo 2022

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