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Abbaterusso (Mdp): “Renzi come i pifferi di montagna”

Il capogruppo alla Regione Puglia di “Articolo 1-Mdp” (in procinto di fondersi in un’unica formazione politica con “Sinistra italiana”, che assumerà la denominazione di  “Liberi e Uguali”), Ernesto Abaterusso, butta benzina sul fuoco, già acceso, delle polemiche tra due ex premier, Massimo D’Alema ed il segretario del Pd, Matteo Renzi. Un “fuoco” che si infiamma sempre più man mano che si avvicina il rinnovo del Parlamento, previsto per la prossima primavera, e che metterà a dura prova il Pd e la sua coalizione in tutti i collegi uninominali, sia di Camera che Senato, a seguito della scissione interna provocata alla vigilia dell’ultimo congresso del partito dall’ex segretario Pierluigi Bersani, insieme all’ex capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, ed allo stesso D’Alema, che è stato forse l’ideatore e regista dell’intera operazione. Abaterusso, infatti, intervenendo con una nota sul recentemente interrogativo sollevato dall’area renziana del Pd su chi comanda realmente nel nuovo soggetto politico (Leu) che ha incoronato il presidente del Senato, Piero Grasso, leader della formazione, ha seccamente dichiarato: “Renzi e i renziani , sempre di meno per la verità, sono proprio ossessionati da Massimo D’Alema”. E questo, per il capogruppo di Mdp nell’Aula di via Capruzzi, tutto sommato è pure comprensibile, poiché “la rottamazione è l’unica idea che ha animato l’azione politica di Renzi”. Un’idea diretta – per Abaterusso –  a rottamare una sola persona. Infatti, proseguendo nella nota,  il massimo esponente del gruppo di Mdp alla Regione, con evidente ironia rileva che “Renzi nella sua opera di rinnovamento susseguente alla rottamazione ha imbarcato Verdini, Cicchitto, Formigoni, Bondi e ora si prepara a nominare deputati Casini, che sta in Parlamento sin dalla unità d’Italia, e Fassino (ndr – battuto, come è noto, nel 2016 da sindaco uscente di Torino al ballottaggio dal candidato sindaco del M5s, Chiara Appendino, partita svantaggiata al primo turno) che viene da una serie strepitosa di successi elettorali e politici”. E questo si spiegherebbe – sempre secondo Abaterusso –  col fatto che “l’odio (ndr – di Renzi ed i suoi sodali) verso D’Alema è giustificato dal desiderio vano di annientare la Sinistra”, oltre che  “dalla constatazione che senza D’Alema la strada dei renziani sarebbe stata tutta in discesa”. Strada, invece, che poi è diventata in salita secondo il consigliere regionale ex-Pd ed ora di Mdp, da quando “i comitati ‘Scelgo No’ lanciati da D’Alema il 5 settembre 2016” in vista del referendum costituzionale confermativo della “riforma Renzi” del successivo 4 dicembre. Comitati, ha ricordato inoltre Abaterusso, lanciati da D’Alema proprio “quando il ‘Sì’ aveva il 65% nei sondaggi e l’Italia tutta era in fila verso Renzi” e che “sono stati l’inizio della fine della breve e dannosa epopea renziana”. Quindi, conclude la sua nota il dalemiano Abaterusso: “Se ne faccia una ragione il poveretto”, perché “D’Alema esiste e lotta insieme a noi”, in quanto “la rottamazione è stata rispedita al mittente”, perché Renzi ed i suoi sodali – per Abaterusso – hanno agito “come nella storia dei pifferi di montagna che andarono per suonare e tornarono suonati”. In effetti, il Pd di Renzi, stante ad alcuni sondaggi, difficilmente riuscirà ad ottenere buoni risultati alle prossime elezioni politiche, soprattutto nella quota maggioritaria, dove nei collegi uninominali di Camera e Senato è necessario vincere per potersi aggiudicare il seggio. E senza l’appoggio degli ex Pd, fondatori di Mdp, e Sinistra italiana, entrambi ora confluiti in Leu con a capo Grasso, è difficile pensare che la coalizione avente a capofila il Pd di Renzi possa praticamente primeggiare, battendo il candidato sostenuto dal centrodestra unito o quello sostenuto dal M5S, forza politica, quest’ultima, che nei sondaggi da sola si attesta intorno al 30% dei consensi. In definitiva, la nuova legge elettorale mista, il “Rosatellum” (ossia 1/3 di eletti in Parlamento con il maggioritario e 2/3 con il proporzionale), voluta dal segretario del Pd, Renzi, verosimilmente al fine di mettere in difficoltà i suoi ex “compagni” di partito confluiti nella nuova formazione di Mdp, nata dalla scissione pre-congressuale del Pd nella scorsa primavera, rischia di trasformarsi in un vero e proprio boomerang, alla prossima tornata delle politiche, per il maggior partito del centrosinistra, guidato dall’ex Primo cittadino di Firenze. Infatti, sempre secondo i sondaggi, se saranno confermate le previsioni, il centrosinistra di Renzi senza i voti di “Leu” rischia di perdere almeno una settantina di collegi considerati sicuri per il Pd. Collegi, questi ultimi, che aggiunti a quelli ritenuti sicuri per il centrodestra o il M5S, potrebbero far scivolare il Pd in Parlamento al terzo posto per numero di deputati e Senatori, dopo il M5S e Forza Italia. E questa sì che, se accadesse, sarebbe una “rottamazione” non di Renzi soltanto, ma dell’intero suo partito. Infatti, la reazione “a catena” che ne scaturirebbe a livello nazionale in tutte le successive elezioni amministrative e regionali sarebbe incontrollabile da parte degli attuali vertici romani del Pd, che a quel punto dovrebbero “auto rottamarsi” dal partito, se vorranno salvarlo da ulteriori e più catastrofiche debacle. Che nel caso accada, in Puglia e in particolare a Bari, c’è chi forse già pensa a come fare il “salto” dal Pd o, al più, nello stesso Pd da renziano ad antirenziano. Perché anche in questo partito, come Bersani e D’Alema ben sanno, i “badogliani” non mancano.

 

Giuseppe Palella

 


Pubblicato il 13 Dicembre 2017

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