Acque reflue, scarichi e depuratori, una vera pagina nera per Bari
Ancora sotto sequestro l’impianto di depurazione di Bari-Ovest, cioè quello che riceve le acque di alcuni quartieri (Palese, Santo Spirito e San Paolo), della zona industriale ASI e di alcuni Comuni limitrofi. Il sequestro preventivo dell’impianto è avvenuto ad opera della Guardia Costiera su ordine del gip del Tribunale di Bari, l’inverno scorso. Si tratta di uno dei due depuratori a servizio del capoluogo, il cui scarico, dopo il trattamento, finisce in mare attraverso una condotta che percorre il canale derivatore “Lamasinata” e poi tramite una condotta sottomarina direttamente in mare a più di 300 metri dalla linea costiera, in località “Fesca”. Il M5S barese fa notare che da alcuni anni questa porzione di territorio viene utilizzata dai residenti come accesso libero al mare e addirittura qualche anno fa il Comune stesso attrezzò, dopo un ripascimento di sabbie, un’area destinata ai cittadini disabili, per poter dare un minimo di comfort attrezzato anche a chi non può permettersi vacanze su yacht miliardari pagati da imprenditori e affaristi, poi abbandonata per mancanza di finanziamenti specifici. “L’operazione – come risulta dalla nota del Procuratore Capo (facente funzione) Pasquale Drago – si inserisce nel contesto di una piu’ ampia attività’, delegata dalla stessa Procura della Repubblica alla Capitaneria di Porto di Bari, con l’obiettivo di approfondire la risultanze delle operazioni di telerilevamento eseguite nei mesi scorsi. Rilevamenti che hanno riscontrato, in piu’ tratti costieri, anomalie termiche georeferenziate e rappresentate graficamente, ed individuare, sul territorio di competenza, condotte illecite connesse a scarichi inquinanti e/o fonti di inquinamento marino provenienti anche da impianti di depurazione”. In poche parole si tratta di un’attività di indagine aerea che con apposite apparecchiature che “leggono” le differenze di temperatura lungo la linea costiera, rivelando le aree dove presumibilmente c’è un apporto di liquidi provenienti da altre fonti. I militari della Guardia Costiera, a seguito anche di alcuni sopralluoghi, effettuati anche via mare e dell’acquisizione di referti sulle analisi delle acque di scarico eseguite dall’Arpa Puglia, hanno accertato che vi è stato, nel tempo, lo sversamento in mare di reflui non depurati e maleodoranti, il superamento dei limiti tabellari previsti dalla legge, nonche’ la dispersione non autorizzata in atmosfera delle emissioni maleodoranti derivanti dalla cattiva gestione del ciclo depurativo e dei fanghi prodotti dall’impianto. Per ora risultano indagati coloro che all’epoca svolgevano funzioni di legale rappresentante di ‘Acquedotto Pugliese Spa’, Gioacchino Maselli, (incaricato della gestione degli impianti di depurazione) e di amministratore unico di ‘Pura Depurazione Srl’, Mauro Spagnoletta (la Ditta incaricata della conduzione del medesimo impianto). Ai due sono contestati reati ambientali, danneggiamento aggravato di acque pubbliche, deturpamento di bellezze naturali, superamento dei valori tabellari nello scarico in acque superficiali e dispersione in atmosfera di emissioni maleodoranti. Il provvedimento di sequestro autorizza comunque la facolta’ d’uso dell’impianto esclusivamente ai fini dell’ordinaria amministrazione. Del resto sarebbe bastato alla Autorità Inquirente percorrere l’area della Zona Industriale intorno a Viale Europa o anche verificare semplicemente con una imbarcazione la presenza di grandi chiazze di fanghi marroni e maleodoranti e materiali vari galleggianti proprio in prossimità dell’area di risalita dei reflui dallo sbocco della condotta sottomarina, per rendersi conto, che era ed è in corso una pesantissima attività inquinante a carico dell’ambiente costiero cittadino. Ma sarebbe stato mai possibile interrompere questa attività illegale, quando l’impianto incriminato serve come recapito dell’uso domestico e industriale dell’acqua a più di 150.000 abitanti? Risposta troppo facile, è la solita forma di ricatto sociale che ha prodotto le tragedie di Taranto, tanto per fare un esempio. La progettazione e la realizzazione di questi monumentali impianti energivori risale a qualche decina di anni fa. Nel frattempo la ricerca scientifica sui sistemi di trattamento dei reflui civili si è notevolmente evoluta, riuscendo a proporre soluzioni impiantistiche di pari efficienza con volumi e superfici ridotte di oltre il 60 % e dove gli impatti (acustico, odorigeno, energetico, di contaminazione dei corpi ricettori) sono notevolmente ridimensionati. Il problema quindi, più che impiantistico e scientifico, è politico-economico. I costi di depurazione (scaricati poi sull’utenza che paga un apposito canone di depurazione in base ai metri cubi di acqua prelevati), con questi impianti tradizionali, sono costi facilmente individuabili a livello macroeconomico aziendale, ma non si è mai tenuto conto delle ricadute di danno ambientale che la cattiva gestione (dovuta alla necessità di compressione dei costi per favorire un minimo di redditività delle Aziende che effettuano la conduzione degli stessi) provoca al sistema uomo-ambiente. A Bari, sono in esercizio due impianti di trattamento dei reflui urbani, di cui quello Bari Ovest (Viale Europa) tratta anche una parte dei liquami industriali conferiti a mezzo pubblica fognatura raccolti nella zona industriale di Bari-Modugno. <
Francesco De Martino
Pubblicato il 27 Agosto 2014