Addio a Pietro Mennea, la “freccia del Sud”
La morte di Pietro Mennea, ieri mattina in una clinica di Roma, è stato un fulmine a ciel sereno. Il Presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha subito disposto l’allestimento della camera ardente al Comitato. Era malato da tempo, ma la sua naturale ritrosìa ai palcoscenici, per chi non sapeva, non lasciava presagire quale ultima tremenda battaglia stesse invece combattendo. Lo sport mondiale, l’Italia, la sua Puglia e Barletta dove nacque il 28 giugno di 60 anni fa, oggi piangono l ex velocista azzurro, indimenticabile olimpionico a Mosca 1980 8furono quattro le sue partecipazioni ai Giochi, l’ultima Los Angeles 1984). Fu inoltre primatista mondiale dei 200 metri per tanti anni: quel 19”72, stabilito a Città del Messico nel 1979, ha resistito fino al 1996 ed è ancora primato europeo ed italiano. Nei 100 metri il suo tempo di 10”01 è tuttora insuperato record nazionale. Laureato in Scienze politiche, Scienze motorie e Lettere, tentò anche la carriera politica e fu eletto al Parlamento europeo (1999-2004). Ovviamente teneva in particolar modo alla medaglia d’oro di Mosca, che custodiva gelosamente e che vediamo al suo collo nella foto che risale al 2010, quando intervenne a Bari alla presentazione del libro “L’oro di Mosca”, che rievoca quell’impresa sportiva e umana, e alla manifestazione “Olimpiadi del Nonno”. Il ricordo di quello sprint del 28 luglio di quasi 33 anni fa gli faceva brillare gli occhi mentre accarezzava l’oro conquistato. “Non mi qualificai per i 100 metri e quindi i 200 restavano l’ultima occasione per portare a casa la medaglia d’oro. A 28 anni ero considerato un vecchietto. Sapevo di dover partire dalla quarta corsia e invece mi ritrovai in ottava. L’ultima, con nessuno alla mia destra. L’esito della gara lo conoscete. Ho battuto l’inglese Wells che peccò molto di presunzione”: così lo raccontò. Fu il trionfo dell’umiltà e del sacrificio, dello sport pulito, di un binomio vincente con il trainer (ma era molto di più) Vittori. “Io non sono nato predestinato – disse ancora – non ho le qualità di altri sprinter. Mi sono allenato sempre 5-6 ore al giorno, anche di nascosto o il giorno di Natale. Questo è il segreto per arrivare ai risultati. Io e Vittori siamo stati i fautori di un certo tipo di allenamento. Per vincere – concluse – ci vuole forza morale”. Che i giovani ne facciano tesoro. Le sue gesta e il suo modo di essere resteranno consegnati alla storia e speriamo che la Puglia onori la sua memoria nel migliore dei modi.
Adriano Cisario
Pubblicato il 22 Marzo 2013