Cultura e Spettacoli

Adelina, ‘ianare’ si nasce

Per ragioni complesse le donne sono meglio predisposte degli uomini al contatto col paranormale. Una predisposizione, peraltro, che si distingue per il ‘colore’ diverso, nel senso che qui si parla di una maniera maggiormente fisica ed emotiva di lasciarsi coinvolgere nell’occulto. Per chi crede a certe cose, si capisce. E credervi non è facile, stante pure la confusione che si fa tra magia nera e magia bianca, tra fattucchiere, negromanti, indovine, guaritrici, cartomanti… Confusione cui concorre una quantità di appellativi popolari che non aiutano a gettare luce su una materia di suo già oscura : la ‘masca’ in Piemonte, la ‘stria’ nel Salento, la ‘strolleca’ nel maceratese, la ‘masciara’ nel barese, la ‘ianara’ nell’entroterra campano… Lunga è la lista delle varianti semantiche del modo di definire la stessa figura : la donna ‘capace di magia’. Nella quale, vaga, espressione si raccoglie una categoria tra le più eterogenee : la poverina che arrotonda leggendo il futuro nei fondi del caffè, quella che ‘taglia’ i vermi e poi, salendo di livello,  la donna che ‘incanta’, che sana con le mani… infine il personaggio più inquietante, la medium, la donna che fa da intermediaria col mondo degli Spiriti. Soffermiamoci sulla ianara, protagonista di un molto apprezzato romanzo di Licia Giaquinto, edito di recente da Adelphi. Da questa storia Elisabetta Aloia attinge con passione per dare vita ad un allestimento (‘La ianara’) andato in scena la settimana scorsa alla Vallisa nell’ambito di ‘Le direzioni del racconto’, rassegna promossa dalla Compagnia Diaghilev. Adelina, la protagonista, ianara per lunga trasmissione genetica, cerca scampo al proprio avaro destino mettendosi a servizio presso un Conte, ma quando si ritrova a fare i conti con un’altra donna, la candida Lisetta, il destino la riacciuffa condannandola ad essere al centro di una torbida storia d’amore e dall’epilogo tragico. Immersa in uno spazio nudo, esposta a un rigido disegno luci e non sostenuta da musiche, la Aloia deve attingere tutto dalle proprie risorse dando il meglio di sé quando è Adelina. Allora si fa esasperatamente femmina, pendolando fra sentimenti opposti, sicché rimbalza fra acuti di una vitalità sanguigna, rancorosa e audace e cadute pregne di stanchezza, fatalismo e remissività. In un ideale dialetto del nostro Mezzogiorno, sorta di esperanto popolare, la Aloia graffia e commuove. Il suo gesto è secco, tagliente, loquace. Per essersi diretta da sola, il risultato complessivo è notevole.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Dicembre 2017

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