Cultura e Spettacoli

Adotta un cervo

Non vorremmo essere nei panni dei circa tremila cervi che popolano la Foresta del Cansiglio tra Belluno e Pordenone e dintorni. La competente Autorità sta per fissare i tempi dell’abbattimento di circa 1200 capi, ritenuti in esubero e perciò per quelli che sono gli equilibri di quell’areale. La decisione, già presa nel 2011, era stata rinviata dietro pressione degli animalisti. Adesso – dicono – non si può più attendere : i cervi continuano a moltiplicarsi e il loro prosperare danneggia l’ambiente, danneggia le altre specie e qualche interesse commerciale. I capi d’accusa che pendono sul capo (non bastassero le corna) di quelle povere bestie sono ‘gravissimi’ : i cervi sono responsabili della scomparsa dell’abete  bianco e di una rarissima specie d’orchidea ; inoltre scacciando daini e caprioli dal loro habitat ne mettono a rischio la sopravvivenza. Poi c’è il fatto che i cervi entrano nelle aziende zootecniche e rubano cibo ai bovini… I cacciatori fremono, il dito sul grilletto. Saranno loro i killer (pardon, gli ‘esecutori del prelievo selettivo’). Ma ecco il punto, dove far fuoco, all’esterno del bosco o anche al suo interno? E’ questo l’ultimo cavillo in tono al quale si dibatte e che ancora tiene in vita i cervi. Intanto Gigi Ghedin, per il WWF, insorge : Perché sparare, che senso ha uccidere? Non è più ragionevole catturare i capi in esubero e trasferirli in altri areali dove potrebbero ambientarsi? Condividiamo in pieno. Vedere qualche branco di cervi a spasso per la Foresta Umbra o per il Bosco di Mercadante non ci dispiacerebbe. E se cattura, trasporto e reintroduzione hanno  costi elevati, ebbene si chieda aiuto ai privati. Formule del tipo ‘Adotta un cervo’ attecchirebbero anche in tempi crisi. Ventuno anni fa, ‘Un cerbiatto per amico’, iniziativa promossa dal WWF Italia volta a tenere in vita la colonia di cervo sardo presente  nell’Oasi di Monte Arcosu, ebbe un successo notevole. Immettere cervi nel patrimonio forestale di Puglia non può avere lo stesso devastante impatto che alcuni anni fa ebbe da noi la reintroduzione del cinghiale. La nostra flora non contempla l’abete bianco, né ospita daini o caprioli. E poi quello del cervo in Puglia sarebbe un ritorno. Abbiamo dimenticato come fu battezzata la più importante grotta di Porto Badisco? Tra i tanti graffiti lasciati dai nostri progenitori ottomila anni fa su quelle pareti spiccano le raffigurazioni di uomini armati d’arco e freccia che cacciano animali dai ‘palchi’ inconfondibili. La Grotta del Cervo ci ricorda che, prima di una dissennata antropizzazione, la nostra terra era un paradiso terrestre dove, insieme a orsi, lupi e linci, i cervi rappresentavano la più alta espressione di una fauna variegata e ricchissima.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 11 Luglio 2013

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