A Bari la fuga dei medici di pronto soccorso è diventata oramai un fenomeno endemico, eppure sottovalutato come non mai dai vertici della sanità pugliese. Le lettere di dimissione dei camici bianchi e degli operatori sanitari già pronte non si contano, eppure alla Azienda Sanitaria Locale di Bari non c’è meglio da fare che prelevare medici come pacchi postali e spedirli da un ospedale all’altro, nei reparti emergenza/urgenza. A niente è servito finora il grido di allarme dei sindacati autonomi dei medici ospedalieri e dei professionisti dell’impiego pubblico e privato (Ussmo e Usppi) per denunciare criticità che si riconducono alla carenza di personale e, fattore ancor più allarmante, coi medici più giovani che evitano di entrare nel mondo del Pronto Soccorso – ogni anno saranno forse una dozzina o anche meno gli specializzati in medicina d’urgenza nell’intera regione – a causa delle sempre più frequenti aggressioni subite e il surplus di lavoro che li attende. E così le aggressioni di cui ormai troppo spesso di sente parlare diventano ‘routine’ per le forze dell’ordine che raccolgono le denunce nei grandi ospedali, ma adesso finanche per direttori sanitari e amministrativi pugliesi. E allora, che fare? Una soluzione attuabile, avanzata finora solo larvatamente in Puglia, sarebbe aumentare, se non triplicare il carattere economico del gettone di guardia al pronto soccorso, ma quando si tratta di sanità in Puglia, chissà perchè, i bilanci si restringono e soldi non ce ne sono. E così alla politica regionale in Puglia non resta che prendere atto dell’ennesima violenza nel reparto emergenziale, avanzando proposte per combattere la violenza che, chissà perchè, restano sempre al palo delle belle intenzioni. “Non può che destare preoccupazione l’ennesimo atto di violenza ai danni di un operatore sanitario avvenuto a Taranto. Voglio esprimere la mia solidarietà all’operatrice di radiologia aggredita al Pronto Soccorso del Santissima Annunziata e a tutti gli operatori, purtroppo sempre più spesso sotto tiro mentre svolgono il loro lavoro. Questo episodio, l’ultimo di una sempre più lunga serie, ripropone ancora una volta il tema della sicurezza per chi lavora negli ospedali. Non possiamo restare a guardare: bene ha fatto il presidente dell’OPI Taranto a chiedere l’istituzione di un tavolo in Prefettura, ma serve una cabina di regia permanente in Regione per capire come intervenire in maniera sistematica, e come riorganizzare la rete dell’emergenza – urgenza sempre più in affanno. Per ridurre gli accessi impropri ai Pronto Soccorso serve riorganizzare l’assistenza territoriale, in modo da rispondere ai bisogni delle persone fragili e garantire la presa in carico dei pazienti cronici. Gli utenti si recano al Pronto Soccorso perchè non c’è assistenza di prossimità: l’istituzione dell’infermiere di famiglia o di comunità per cui mi batto da anni serve a questo, come dimostrano i dati secondo cui nelle regioni come la Toscana, in cui questa figura c’è già, si è registrata la diminuzione della spesa sanitaria grazie alla riduzione del 20% dei ‘codici bianchi’ al Pronto Soccorso e del 10% delle ospedalizzazioni, ed è migliorata la qualità della vita dei cittadini. Solo così potremo garantire anche una maggiore sicurezza agli operatori sanitari. Il mio grazie va a loro per il grande lavoro che fanno tutti i giorni: serve agire per garantire adeguate condizioni lavorative”. Così il capogruppo del Movimento 5Stelle Marco Galante che sembra proprio deciso ad andare fino in fondo per almeno di arginare un fenomeno che sembra non destare l’allarme sociale che meriterebbe, in Puglia. E non solo.
Francesco De Martino
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