Cultura e Spettacoli

“Ah, l’amor di Patria, che brucia come il fuoco!”

Cosa c’era prima del Giappone dei grattacieli, dei manga e dei treni ad alta velocità, questo paese algido e tecnologico, lacerato dall’ansia di produrre più di ieri e meno di domani ? A precederlo fu un paese dai due volti : uno aristocratico e tenero, proteso all’arte di comporre una poesia di soli tre versi, di servire il tè o disporre fiori, e un altro fierissimo, austero e intransigente, legato a valori come il bushido, la fedeltà assoluta allo Shogun, il senso del sacrificio del kamikaze o la ritualità grandiosa dell’hara-kiri. L’ultima incarnazione di questo duplice ed elevato spirito si raccolse nella figura di Yokio Mishima, gigante della letteratura del sol levante che  cinquantadue anni fa, il 25 ottobre 1970, volle porre fine alla propria vita con un gesto clamoroso e ‘demodé’ (il suicidio rituale) all’unico scopo di segnalare l’urgenza di preservare una tradizione millenaria dalle insidie portate dai contro-valori di una civiltà globale e acquosa,  triviale e omologante, nemica pestifera della dimensione titanica dello spirito. Scrittore, drammaturgo, saggista e poeta, Yukio Mishima, al secolo Kimitake Hiraoka (Tokyo 14 gennaio 1925), fu uno dei pochi autori giapponesi a riscuotere immediato successo anche all’estero. Le sue numerose opere spaziarono dal romanzo alle forme riadattate in termini moderni del teatro tradizionale giapponese Kabuki e Nō. Personaggio complesso, Mishima, che si autodefiniva apolitico e antipolitico, elaborò una personale visione del nazionalismo nipponico in chiave nostalgica. Un “conservatore decadente”, così lo definì Alberto Moravia, che lo aveva incontrato nella sua casa in stile liberty in un sobborgo di Tokyo. Una figura assimilabile al nostro D’Annunzio, allora ? No. La visione delle cose di Mishima ruotava intorno culto dell’Imperatore, visto come ideale astratto e semidivino, incarnazione dell’essenza del Giappone tradizionale. La produzione di Mishima ebbe simbolicamente termine il giorno stesso della sua morte : Poco prima del suo suicidio aveva infatti consegnato all’editore, quasi un testamento, l’ultima parte della tetralogia ‘Il mare della fertilità’, opera completata circa tre mesi prima della consegna e la cui ultima pagina reca simbolicamente la data del 25 novembre 1970. Nella foto, l’ultima immagine di Yukio Mishima. Il 25 novembre del 1970, a Tokyo, insieme ai quattro più fidati membri del Tate no Kai, (Società degli scudi), il suo “esercito privato”, Mishima occupò l’ufficio del generale Mashita dell’Esercito di Autodifesa. Dal balcone dell’ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornalisti preventivamente allertati, Mishima tenne il suo ultimo discorso esaltando lo spirito nazionale e condannando la Costituzione del 1947 e il trattato di San Francisco, accordi giudicati rei d’aver subordinato il sentimento nazionale giapponese all’occidentalizzazione. Chiudiamo stralciando qualcosa dai versi composti da Mishima poco prima del suicidio : “Prima brina, oggi. / Per il guerriero che tante volte si è indurito / al suono della spada sfoderata / non importa cadere… / Ah, l’amor di Patria / che brucia come il fuoco !…/ Tra una nuvola e l’altra / cade bianca la neve / è il cuore della poesia / che canta il Fujiyama / la vera via del guerriero”.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Novembre 2022

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