Ahi! I chiodi del ‘Fakiro’…
Nato a Molfetta nel 1864 e morto a Napoli nel 1936, Filippo Cifariello è stato uno dei più attivi scultori tardo-neoclassici della sua epoca. A proposito di Cifariello, un suo conterraneo, il Prof. Marco I. De Santis, valente poeta e saggista, nel numero 108 del quadrimestrale La Vallisa ricorda un episodio affatto noto. In occasione della Prima Esposizione Internazionale d’Arte (1895), lo scultore pugliese spedì a Venezia una sua opera, il ‘Fakiro’. Per realizzare questo busto in bronzo Cifariello si era servito di una maschera in gesso acquistata a Parigi e modellata sul viso di un uomo di colore, un lustrascarpe morto all’ospedale a Venezia. Il calco funebre era stato eseguito da Antonio Dal Zotto, docente e poi direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dal Zotto riconobbe nel Fakiro una copia di quel suo calco e denunciò il fatto al Comitato dell’Esposizione. L’opera dell’artista pugliese venne così rifiutata. Ne nacque uno “scandalo eclatante”, condito di querele e polemiche velenose sulla stampa italiana e francese. Piccato, una volta rientrato a Roma dove aveva il suo studio, Cifariello plasmò in appena dieci giorni un ‘Fakiro risposta’, questa volta di piccole dimensioni, per evitare nuove accuse di plagio. Alla testa inizialmente scolpita aggiunse l’intero corpo per mettere a tacere i calunniatori e partecipare alla imminente Esposizione degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. Tra i difensori di Cifariello ci fu anche un giovanissimo Luigi Pirandello, allora corrispondente de Il Giornale di Sicilia. Nel numero dell’1/2 novembre 1895 il futuro premio Nobel così si espresse : “Ed eccoci innanzi all’opera di scultura che attira più che tutte le altre la curiosità prima e subito dopo l’ammirazione dei visitatori… la mirabile spiritosissima ‘Risposta’ di Filippo Cifariello alla commissione della Mostra Internazionale di Venezia… un miracolo di perfezione. Dicano ora i signori della commissione veneziana se un artista che modella così ha bisogno di forma”… La fortuna dell’artista pugliese sarebbe durata solo dieci anni. Il 10 agosto 1905 lo scultore uccise la moglie Maria de Browne a colpi di rivoltella. La grande popolarità di cui godeva e la strenua difesa dell’avvocato Gaetano Manfredi davanti alla Corte d’Assise di Campobasso valsero all’imputato l’assoluzione per totale vizio di mente. Cifariello continuò ad essere perseguitato dalla sventura perché, essendosi risposato, la seconda moglie, Evelina Fabi, gli morì nel 1914, appena ventiduenne, per le gravi ustioni riportate nel maneggiare un fornello a gas. Un terzo matrimonio e la nascita di due figli non riuscirono a salvare dalla depressione l’artista, che morì suicida a 72 anni nel suo studio di Napoli. – Nell’immagine, Filippo Cifariello al lavoro nel suo studio.
Italo Interesse
Pubblicato il 16 Marzo 2018