Al Circo come al manicomio
Stritolato dai costi e dal calo degli spettatori, per di più attaccato dagli animalisti, il circo non si arrende e studia come cambiare pelle. Bel problema. Perché anche un circo che ottimizzi spese e risorse e faccia a meno di cavalli e tigri può non bastare più, oggi. Serve qualcos’altro. In mancanza di meglio va bene un ‘colore’ da assegnare allo show. Nascono da queste esigenze realtà come Il Circo Degli Orrori, che in questi giorni è a Bari alla Fiera del Levante (vi resterà sino a domenica 13) con la sua ultima produzione ‘Un manicomio in delirio’. Spettacolo di grande richiamo, ‘Un manicomio in delirio’ attinge dai luoghi comuni dell’Orrido, della psicopatologia ‘spettacolare’ e di quella scienza psichiatrica liberticida che ancora rimpiange i giorni dell’elettrochoc. Perciò direttori alla Nosferatu, nerboruti inservienti, sado-dottoresse e sexy-infermiere devono vedersela con alienati-zombie che corrono urlando in platea, mentre su un vistoso castelletto a fondo scena altri alienati smaniano aggrappati alle inferriate delle gabbie entro cui sono rinchiusi (il modello assunto è quello dell’ex manicomio criminale di Waltham nel Massachusetts, rimasto attivo sino al 1930). L’impatto iniziale destabilizza un po’ il pubblico. Ma poi quel colore horror poco a poco svapora e lo spettacolo assume connotati più rassicuranti, ovvero quelli di un circo di tradizione, senza però impiego di animali. Questo lento voltarsi del ‘colore’ rende il primo tempo migliore del secondo, cui manca tra l’altro la canonica apoteosi conclusiva. Da segnalare il lavoro del primo clown, co-protagonista nella gag dell’orinatoio e del doppio 33 giri, infine mattatore nella gag del teatro nel teatro con spettatori tapini strappati alle poltrone e gettati in pista. Nell’insieme, un circo all’insegna di un horror bonario, più da fumetto che da cinema, malgrado qualche dotta citazione cinematografica (‘Il silenzio degli innocenti’, ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’…). Nessuno spettacolo da vietare ai minori, dunque. A parte qualche innocua volgarità, specie in apertura, quando il direttore-Nosferatu illustra al pubblico cosa lo attende, il resto si mantiene nei termini di un horror sostenibile, dai risvolti grotteschi e di gusto pop-kitch. Buona l’accoglienza della platea. In scena, una quarantina di applauditi artisti. Infine una considerazione sul Nuovo Padiglione fieristico. Quest’opera colossale dovrebbe ospitare eventi con regolarità invece che episodicamente. Andrebbe perciò adoperato di più, soprattutto messo a disposizione di quelle realtà artistiche e sportive di casa nostra che, tagliate fuori dalla fruizione degli spazi che il capoluogo offre, languiscono ai limiti dell’estinzione.
Italo Interesse
Pubblicato il 8 Dicembre 2015