Cronaca

Al collasso il ‘118’, i medici chiedono la zona rossa

E’ allarme rosso in Puglia che presto potrebbe, nella mappa policroma dello Stivale, tingersi a colori più foschi: da arancio in rosso, appunto. “Il sistema del 118 in Puglia è al collasso. Se vogliamo evitare altre morti, occorre rendere subito la Regione zona rossa”, alza il tono del confronto Nicola Gaballo, referente ‘Emergenza Urgenza’ della Federazione medici di medicina generale (Fimmg/Puglia) facendo suo l’appello alla Regione ad adottare misure più restrittive. Un appello già lanciato da Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici di Bari. “Le chiamate continuano ad arrivare e i mezzi di emergenza non ce la fanno a stare dietro a tutte” – incalza Gaballo – e i casi Covid sono in costante aumento, mentre noi veniamo coinvolti anche nei trasporti secondari, di ospedale in ospedale, in cui potrebbero invece essere impiegati mezzi dedicati”. Il risultato sotto gli occhi di tutti, si spera anche dei pezzi grossi della sanità pugliese, è che il servizio emergenziale (118) non riesce più a coprire le emergenze di altro genere. Un aspetto che si traduce in vite umane: ad esempio, la mortalità per infarto si è triplicata durante la prima ondata di Covid e uno dei fattori è stato proprio l’accesso tardivo al pronto soccorso. Le parole diventano macigni. “La Regione stili subito protocolli per definire il trasporto e la gestione dei pazienti positivi. Servono regole e percorsi certi, in modo da velocizzare i tempi e impiegare al meglio le risorse dedicate all’emergenza, che in questa fase sono preziosissime”, la staffilata finale di Gaballo per non restare isolati nella trincea della guerra al virus Covid/19. Ma non sono solo i medici e i soccorritori a richiamare l’attenzione sulla situazione tragica in Puglia. Cresce sensibilmente, infatti, anche il numero di infermieri contagiati da Covid 19, l’allarme lanciato dagli Ordini della Puglia che evidenziano come nella realtà la situazione sia diversa da quella raccontata agli organi d’informazione che pubblicano fin troppo spesso dichiarazioni inesatte da politici e amministratori della sanità pubblica pugliese. Difatti, alla crescita di Infermieri risultati positivi al Covid 19, spiegano i presidenti degli Ordini, Andreula, Scarpa e Papagni, fa da contraltare la mancata attuazione delle azioni di sanità pubblica obbligatorie per legge sulla base delle circolari e ordinanze ministeriale e regionali: non c’è nessuna attività di tracciamento dei contatti per i tanti casi di infermieri che, nello svolgimento del loro lavoro, riscontrano la positività al Covid/19. Insomma, gli infermieri contagiati vengono lasciati soli nella gestione del proprio stato di salute, come del resto i medici, mettendo a rischio di contagio anche la propria famiglia. E in questi giorni drammatici per la seconda ondata della pandemia da coronavirus, si prospetta un triste deja-vu sulla scarsità del Dpi (dispositivi di protezione individuale) a norma, sostituiti in quest’ultimo periodo, da “patacche” cinesi non conformi agli standard di legge, da teli plastificati abilitati ad altro uso e da sistematiche violazioni alle più elementari disposizioni in tema di sorveglianza sanitaria. Senza trascurare la “perla” architettata dalla Regione Puglia che “abusando del proprio potere” e sostituendosi alla legislazione nazionale, minaccia gli infermieri e le professioni sanitarie, dell’ingannevole promessa di “… assoggettarli a sanzioni disciplinari …” nel caso non si sottopongano alle vaccinazioni antinfluenzali. E gli Ordini costretti a combattere su troppi fronti, infine, non dimenticano l’assurdità del blocco del concorso pubblico per infermieri attuato sempre dalla Regione, in assenza di prescrizioni di legge e diversamente da quanto realizzato da altre Regioni. <<Una decisione che non abbiamo mai compreso fino in fondo e che produce quei vuoti di organico che permettono all’Assessore regionale alla sanità “in pectore”, Pierluigi Lopalco di affermare che vi è carenza di infermieri e che non si trovano “… manco a pagarli a peso d’oro …”, costretti per di più a turni aggiuntivi lavorativi e sottopagati. Sono queste alcune delle ragioni che spingono gli infermieri laureati nelle Università pugliesi a preferire offerte d’impiego in altre aree d’Italia, precipitando sempre più la nostra Terra ai margini della società avanzata…e non solo sulla china sanità e cura.

Francesco De Martino


Pubblicato il 18 Novembre 2020

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