Cultura e Spettacoli

Al tango come all’amore

Un anno fa, al Forma, Lorena Pasotti dirigeva con successo ‘Tangos de ida y vuelta’, spettacolo di apertura del ‘4th Bari International Tango Congress’. La Pasotti si è ripetuta in occasione dell’edizione 2015 con ‘Malavaje Tango…’, che giovedì scorso ha fatto il tutto esaurito al Nuovo Abeliano (il quinto Congresso è stato ideato e organizzato dall’Associazione TangOn, presieduta e diretta artisticamente da Tommaso Battaglia e Paola Perruccio). Più ricca la formula di quest’anno che ha visto in scena cinque coppie di tango, tutte di caratura internazionale, e quattro coppie di danzatori italiani (musiche eseguite, in parte, dal duo Tangos Sonos, composto da Antonio Ippolito al bandoneon e da Nicola Daniele Ippolito al pianoforte). A ‘intersecare’ le esibizioni, raccontando le origini del tango, questa ennesima storia intrisa di sangue, sudore e lacrime, un’altra coppia, questa volta di attori : Silvia Cuccovillo e Domenico Palmieri. Un racconto sostenuto da immagini in bianco e nero dell’Argentina primo Novecento, la terra promessa dove milioni di emigranti confluirono nel sogno del benessere o almeno della dignità, presto imparando a sedare la nostalgia o la delusione in questo ballo ‘da strada’, questa danza proletaria e appassionata. Uno spettacolo prevedibilmente bello ‘Malavaje Tango’, vista la cura posta nell’impostazione e la qualità delle forze messe in campo, qualità che in alcuni momenti ha dato vita ad acuti vertiginosi. E qui non ci riferiamo alla velocità anche acrobatica e persino nevrotica del gioco di gambe, virtuosismo che per curiosa analogia ‘popolare’ (parliamo di Argentina e dunque anche di Uruguay, altra terra consacrata al tango) fa tornare in mente le magie di certi assi del pallone, cominciando da Schiaffino, passando per Sivori e finendo con Maradona. Ci riferiamo invece all’odore perduto di milonga che nei momenti più intensi si sprigionava dal movimento coreutico. Il mondo è irriconoscibile. E la capitale argentina, la patria delle milonghe, non è più quella cantata dal Borges del suo esordio letterario (‘Fervore di Buenos Aires – 1923). Allora esistevano i campioni, non i maestri di tango. La gente ballava d’istinto, come sapeva, come sentiva, ispirandosi ad un modello non codificato, perciò in modo sempre irripetibile e personale, salvo passi e figure di tradizione consolidata. I maestri vennero dopo, quando si cominciò ad avvertire che il tango rischiava di annacquarsi. Il vero insegnante di tango oggi si affida (fra le righe)  all’intelligenza dell’allievo. Egli non insegna ad imitare, bensì a percepire nel ‘modello’ offerto una radice antica, che poi va sviluppata con inimitabile sentimento personale. Insomma, al tango come all’amore. Peccato che pochi allievi percepiscano la profondità del messaggio. ‘Malevaje Tango’ ha avuto il pregio in alcuni momenti (non tutti) di far percepire quell’odore perduto di milonga, quell’eco emotiva che ancora riverbera pur nel disfarsi di un mondo incorreggibile. Di più la Pasotti e compagni non potevano chiedere a sé stessi.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Novembre 2015

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