Cultura e Spettacoli

Alceste, la croce del diverso

Più che un misantropo, Alceste è un pedante, un intransigente in fatto di dirittura morale. Non fugge il prossimo per incapacità d’integrazione, al contrario lo cerca, ma nella direzione sbagliata, ovvero tra gli ipocriti, gli omologati, gli opportunisti e i meschini che compongono il degradato humus dell’alta società francese dell’era barocca. Non trovandolo, piomba nella frustrazione. E’ un diverso, un ‘perdente’. Amaro a lui. Questa dimensione amplificata della solitudine è ben espressa nella messinscena del capolavoro di Molière che, diretto da Tonio De Nitto e prodotto da FC Transiadriatica e Accademia Perduta/Romagna Teatri, è stato in cartellone al Nuovo Abeliano per la stagione di Teatri di Bari. De Nitto mette in parallelo la stessa decadenza, quella della società del Re Sole e quella della società globale. Per tale motivo costumi, movenze, posture e atteggiamenti comportamentali oscillano su piani temporali distanti tre secoli (vedi foto di Eliana Manca). Sicché, ad esempio, se Oronte è il prototipo del cortigiano-cicisbeo, Celimene è il prototipo della femme fatale modello metà Novecento. Il contrasto, tuttavia, non sprigiona scintille. A giustificare l’osmosi è il gigantesco specchio-velario che, contornato da una cornice barocca ovviamente dorata, si erge, e un po’ grava, leggermente inclinato in avanti a fondo scena. In esso due mondi si specchiano. Se come Alice si oltrepassasse la fatale soglia, dall’altra parte lo spettacolo sarebbe il medesimo, mutatis mutandis, s’intende. Per cui anche al di là dello specchio ad accompagnare l’azione sarebbero scricchiolii sinistri, tonfi di calcinacci, nuvolette di polvere e lampadari precari che vengono giù. Nei quali  segnali di cedimento è facile leggere sia l’annuncio dell’era dei Lumi, sia quella del  probabile, prossimo Rivolgimento. I bravi Ippolito Chiarello (Alceste) e Angela De Gaetano (Celimene) rappresentano gli estremi, anche temporali, entro cui la messinscena pendola. Intorno a questa ben assortita coppia danza, canta, si agita – e talvolta esagera – un cast competitivo composto da Sara Bevilacqua, Dario Cadei, Ilaria Carlucci, Franco Ferrante e Luca Pastore. Comme-il-faut anche i contributi di Porziana Catalano e Iole Cilento (scene), Lapi Lou (costumi), Davide Arsenio (luci), Paolo Coletta (musiche). Nell’insieme, un lavoro arioso i cui toni frizzanti contrastano efficacemente la sostanziale tristezza che il protagonista effonde. – Prossimo appuntamento di stagione, sabato 9 e domenica 10 marzo al Kismet con ‘La scortecata’ (Festival di Spoleto 60 – Teatro Biondo) ; testo e regia di Emma Dante.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 6 Marzo 2019

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