“Alghe o non alghe, l’acqua del Pertusillo è ancora inquinata”
Che l’acqua erogata ai rubinetti di pugliesi campani e lucani dalla diga del Pertusillo sia inquinata da idrocarburi, metalli pesanti e non solo è stato suggellato da una marea di denunce ed esposti; che gli scarti di dette lavorazioni, in tutto o in parte, siano finiti nelle acque dello stesso Pertusillo, è ormai più di un sospetto. Michele Ladisa e gli attivisti del suo movimento Dueosiciliano hanno deciso da tempo di andare oltre alla cortina di silenzio delle amministrazioni pubbliche locali (compresa la Prefettura di Bari) interrogate sulla composizione dell’acqua proveniente, appunto, dall’invaso del Pertusillo che rifornisce Campania, Puglia, Lucania, ma anche gran parte delle regioni centromeridionali. E perciò, di sua iniziativa, Ladisa ha fatto prelevare campioni di acqua dalla fontanina pubblica dell’Acquedotto Pugliese sita in via Oberdan a Bari. I campioni sono stati analizzati dalla società “Accredia” di Mesagne. < E cosa ha trovato nell’acqua con questi ultimi test di laboratorio, Di Bello? “Questa volta diciamo subito che ho fatto le analisi con gran cura, soprattutto con un’idea precisa di ciò che stavo facendo, facendo tesoro di ciò che mi contestavano in passato. Per questo ho anche cambiato laboratorio – ma sempre certificati – addirittura con provette ermetiche a doppia chiusura e ogni precauzione, stando bene attento a cadere nel trabocchetto dei tempi in cui si realizzavano quei test. E il risultato è stato di otto/nove volte oltre i limiti consentiti per legge di inquinamento, cioè abbiamo trovato nelle acque sostanze chimiche, metalli pesanti, sostanze cancerogene”. Possibile che anche questa volta nessuno le risponderà o che gli organi preposti ai controlli neghino tutto, com’è appunto già successo in passato? “Il fatto è semplice: bisogna evitare che escano fuori verità scomode, che la gente prenda coscienza di ciò che sta accadendo. Il fatto che si discuta è già importante, per carità, ma non bisogna superare un certo limite, proprio per evitare che i cittadini, appunto, prendano coscienza. Stiamo parlando di qualcosa di talmente importante che interessa tre milioni di pugliesi, un milione di campani e mezzo milione di lucani che vengono riforniti da quell’invaso della Basilicata, ma non bisogna fargli capire che cosa sta realmente accadendo. O di cosa stiamo parlando. Eppure carte e documenti che ho prodotto a iosa girano tra enti pubblici, istituzioni e procure di mezza Italia, da Roma a Bari, Potenza e Napoli. E non sta accadendo nulla, a parte un processo per inquinamento in cui la nostra piccola associazione è stata comunque riconosciuta come parte civile dal tribunale. E’ già qualcosa, ma non dà il senso di ciò che sta realmente succedendo nelle acque del Pertusillo che è una cosa che dovrebbe interessare molto di più la gente e la sua salute, maggiormente i pugliesi. Che sono quelli che di più vengono riforniti da quell’acqua inquinata, altamente inquinata”. Il 27 marzo l’agenzia regionale alla protezione ambientale della Basilicata ha promesso nuove analisi nelle acque del Pertusillo: potrà mai bastare a tranquillizzare quasi cinque milioni di utenti che quell’H2o la bevono? Francesco De Martino
Pubblicato il 21 Marzo 2017