Cultura e Spettacoli

Alimentarono caldaie le sequoie di Puglia?

Dici sequoia e dici Oregon-California. Se è vero che la fascia costiera del Sud-Pacifico in USA ospita gli esemplari più grandi al mondo di questa specie arborea (il record spetta all’Hyperion, il gigante del Parco Nazionale di Redwood che svetta a 115 m. d’altezza), non è vero che essa sia tipica di quel solo areale. Prima delle glaciazioni la sequoia era presente in tutto il globo. Sopravvissuta nell’habitat statunitense, nella prima metà dell’Ottocento essa venne importata in Europa e altre parti del mondo a scopo ornamentale e messa a dimora. Sequoie, pertanto, sono presenti anche sul territorio italiano. Avendo ‘appena’ un due secoli scarsi (questa pianta rappresenta la più longeva forma di vita presente sul pianeta arrivando anche all’età di quattromila anni), le sequoie italiane non superano i cinquanta metri. Misure certamente ridotte rispetto ai colossi plurimillenari che popolano la Sierra Nevada e i grandi parchi californiani, ma di tutto rispetto per il più contenuto panorama forestale europeo. Chi lo voglia potrà ammirare le nostre sequoie – e in straordinaria concentrazione – in Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana ed Emilia e Romagna. Le sequoie più meridionali d’Italia si trovano in Calabria, sulla Sila, nel Comune di Aprigliano. Esemplari notevoli sono presenti anche nelle altre regioni, meno che in Puglia e in Molise. Ecco, perché non nelle regioni dell’est del Belpaese? Eppure la sequoia predilige altitudini inferiori ai mille metri, clima ‘oceanico’ ricco di umidità, temperature invernali non  troppo rigide e terreni di origine alluvionale. Tutte condizioni presenti, almeno in Puglia. Viene da pensare una cosa : fino all’Unità d’Italia la Puglia era ricoperta da boschi. Quando poi l’avvento della rivoluzione industriale impose la necessità di procurare combustile che non fosse costoso come il carbone, la deforestazione parve a tutti l’unica soluzione possibile. Ma i boschi, di montagna o collina che siano,  presentano l’inconveniente di sorgere su territori a saliscendi o a forte pendenza, condizione ambientale che rende scomodo il taglio e ancor più scomodo il trasporto dei tronchi. Ma c’erano i boschi della Murgia, e del sub appennino dauno, boschi fitti e pianeggianti… Per alimentare caldaie (di opifici, locomotive e navi) milioni di metri cubi di legname pugliese andarono in fumo con grave danno ambientale. Spogliata del suo manto vegetale, la Murgia divenne area di scolo per acque piovane non drenate. E difatti Bari nei primi vent’anni del Novecento patì tre rovinosissime alluvioni. Al quale guasto si pose rimedio nel dopoguerra ricostituendo in quel di Cassano il primigenio habitat (la foresta di Mercadante). Chissà che nelle fornaci del solito produttivo nord Italia non abbiano bruciato anche tonnellate di nostrane sequoie.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 7 Maggio 2013

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