Cultura e Spettacoli

All’appello mancava un marinaio

Brigantino… ecco una parola dalle eco fascinose, un nome che richiama alla mente Conrad, Melville, Salgari, che evoca scoperte, abbordaggi e ammutinamenti, che dice di disciplina dura e forzieri dormienti sotto la sabbia. Il brigantino era un veliero a due, massimo tre alberi impiegato principalmente come cargo o nave di scorta e la cui stazza lorda andava dalle cento alle trecento tonnellate. Nave particolarmente agile e duttile, il brigantino si prestava piuttosto bene anche alla pirateria e alla guerra di corsa (caratteristica che ne spiega il nome). Fu infatti la nave più amata sia dai  predoni del mare (i pirati), sia da quegli avventurieri (i corsari) che per conto di un governo rapinavano navi mercantili appartenenti a potenze nemiche impegnandosi a uccidere persone solo in combattimento. Chissà quanti brigantini hanno solcato le acque pugliesi. Di tutti, il più famoso resta lo Stefano, un natante austriaco che la mattina del 7 gennaio 1825 naufragò sugli scogli dell’isola di San Nicola, alle Tremiti. Era un due alberi da 210 tonnellate al comando di Giacomo Covacich di Trieste, ai cui ordini era un equipaggio di nove uomini. Partito da Alessandria d’Egitto il 12 dicembre 1824 con un carico di novecento sacchi di semi di lino, cento balle di cotone, quaranta casse di “merce varia” e un’imprecisata quantità di datteri, lo Stefano era diretto a Trieste. Ma il 5 gennaio, all’altezza dell’isola di Lissa, un uragano rendeva la nave ingovernabile. In balia delle forze della natura, il brigantino si ritrovò due giorni dopo in vista delle Tremiti. Con la velatura a brandelli, Covacich fece di tutto per entrare nel porticciolo di San Nicola. La fortuna non gli fu amica e la nave si fracassò sugli scogli. Mentre tre uomini avevano miracolosamente trovato scampo su quegli scogli, gli altri membri dell’equipaggio nuotavano fra i relitti impossibilitati a mettersi in salvo per la violenza dei marosi. Per fortuna tale dramma non era sfuggito agli abitanti dell’isola. Allertati, il Comandante della Piazza di Tremiti e il Tenente dei Dazi Indiretti valutarono di far mettere in mare il gozzo di servizio della Dogana. I marinai della Dogana addetti al gozzo, però, erano irreperibili. I due funzionari, allora, affidarono la stessa imbarcazione ai tre marinai della barca del Servizio Postale. Con grande fatica ed altrettanto rischio i tre si portarono sul luogo del naufragio e salvarono altri cinque uomini, tra cui Covacich. All’appello risposero in tutto nove uomini : lo Stefano aveva avuto un morto, il cui corpo non fu mai ritrovato. Attualmente il relitto dello Stefano è assai ricercato dagli appassionati di fotografia subacquea.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 13 Settembre 2018

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