All’isola di San Paolo c’è ancora il Generale
La gente di mare è notoriamente superstiziosa : Mai portare un ombrello a bordo, mai alzare una vela verde o cambiare nome ad una barca, a un piroscafo, a una nave da guerra. E attenzione al giorno del varo, ‘ché se la bottiglia non si frange contro la fiancata… Non si contano poi le leggende a proposito di navi maledette, di navi colate a picco ma la cui sagoma sinistra continua a percorrere l’ultima fatale rotta. I vecchi pescatori tarantini , per esempio, evitano di passare davanti all’isola di San Paolo, la più piccola dell’arcipelago delle Cheradi. Dicono che quel piccolo affioramento roccioso porta male, che è responsabile di tutti i naufragi della zona. Tutta colpa del fantasma di Laclos, che più di qualcuno giura di aver visto a notte vagare su quell’isola. Pierre Choderlos de Laclos fu un militare francese con la passione per la letteratura (fu autore del celebre ‘Les liaisons dangereuses’, da cui nel 1988 Stephen Frears e Milos Forman hanno tratto un film di successo). A lui nel 1803 Napoleone affidò l’incarico di fortificare le Cheradi a difesa del porto di Taranto. Il generale Laclos s’impegnò per riaccomodare vecchi fortilizi borbonici già esistenti sull’isola. Ma febbri malariche gli furono fatali. Laclos si spense lo stesso anno. La morte avvenne nel Convento di San Francesco a Taranto. Rivoluzionario convinto, Laclos rifiutò i conforti religiosi. Ciò gli precluse la sepoltura in terra consacrata. Avendone però espresso in precedenza il desiderio, venne seppellito nella piazza d’armi del Forte di San Paolo, che da allora prese il suo nome. Il riposo delle sue spoglie durò poco più di dieci anni. Si ritiene che quei resti siano stati gettati in mare all’indomani della sconfitta di Napoleone. Di qui la nascita della leggenda del fantasma. Con la dispersione dei resti di Laclos, la fortificazione che portava il suo nome venne abbandonata e andò in degrado. Tornò in auge con l’Unità d’Italia. Sulle rovine del Forte furono installate la Batteria Ammiraglio Aubry e la Torre Corazzata Vittorio Emanuele II per complessivi 4 cannoni da 149 mm su affusto a scomparsa, 2 da 400 mm, 4 (navali) da 152 mm e 4 a tiro rapido da 57 mm. Oggi di quelle fortificazioni restano solo i basamenti, a parte la torre corazzata che, ancora ben conservata, costituisce un esempio di ingegneria militare di grande innovazione. Una curiosità : quei resti hanno importanza anche dal punto di vista paleontologico. Sono infatti rivestiti di blocchi di calcare provenienti dalla Murgia tarantina e sulla cui superficie si possono osservare resti fossili di un organismo bivalve che viveva cento milioni di anni fa e di cui non esiste altra traccia al mondo.
Italo Interesse
Pubblicato il 26 Febbraio 2016