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Altro che…rialzo! I proprietari del Petruzzelli sconfessano Decaro

Altro che… gioco al rialzo! La famiglia Messeni Nemagna, erede dei costruttori del teatro Petruzzelli, ed oggi ritornati legittimi proprietari, dopo una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari, non ci sta ad essere accusata dal sindaco di Bari, Antonio Decaro, di voler praticare un gioco al rialzo, per lasciare in mano pubblica la gestione del Politeama. Infatti, uno dei difensori della famiglia Messeni Nemagna, l’avvocato barese Ascanio Amenduni, ha dichiarato: “Il sindaco Decaro attribuisce alla famiglia Messeni Nemagna un gioco al rialzo, ma non è vero. Noi cerchiamo semplicemente di regolarizzare situazioni che altri, con due espropri dichiarati illegittimi, hanno reso irregolari”. Per poi precisare: “Noi vogliamo la continuità, il recupero, la ricomposizione, la prosecuzione della stagione della Fondazione”. Perciò, ha esclamato Amenduni: “Non siamo noi che l’abbiamo messa a rischio”. E, proseguendo, il legale degli eredi dei fratelli Petruzzelli, fondatori del Politeama, ha ironizzato affermando: “”Ci vuole uno ‘sdrammaturgo’ che faccia comprendere agli enti pubblici che si può essere inquilini del teatro, senza interrompere nulla” e ricordando che “il rapporto di locazione è quello che era stato previsto dal protocollo d’intesa del 2002″. Protocollo che però, come è ormai noto, è stato ora dichiarato inefficace, con una seconda sentenza, dai giudici baresi d’Appello. E, continuando in vena ironica, per Amenduni ci vorrebbe poi anche “un ortopedico che ricomponga le fratture inferte dagli enti pubblici”. Infatti, ha anche spiegato il legale: “Noi non vogliamo allargare la frattura, la vogliamo saldare”. Perciò, la speranza per la famiglia Messeni Nemagna ed il loro difensore (ma, forse, anche per la città di Bari!) è che “il ministro Franceschini sia bravo come ortopedico e come ‘sdrammaturgo’, ascoltando – ha sottolineato Amenduni – anche la nostra campana, la stessa che noi facemmo suonare sei anni fa attraverso una lettera inviata proprio a lui, all’epoca ministro come ora, in cui profetizzavamo purtroppo tutto quello che è accaduto”. Però, allora, ha rilevato sempre Amenduni. “non siamo stati ascoltati perchè considerati ex proprietari” ed “ “ora che siamo proprietari ci devono ascoltare”. Per cui, contrariamente a ciò che ha voluto forse far intendere alla città il sindaco Decaro, con la dichiarazione rilasciata dopo l’incontro di martedì a Roma con il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, il legale dei Messeni Nemagna ha ulteriormente precisato: “Noi non vogliamo rialzare o rompere niente, noi vogliamo ricostruire quel vaso, quel contenitore che era quello che normalizzava, regolarizzava, rendeva legittimo tutto, ricostruzione e gestione”, riferendosi al protocollo del 2002, che stabiliva un canone annuo di 500 mila euro per 40 anni che la Fondazione pubblica “Teatro Petruzzelli” avrebbe dovuto corrispondere ai proprietari per la gestione. Quindi, anziché polemizzare con la famiglia proprietaria del teatro, come ha fatto il Primo cittadino barese con la citata dichiarazione di martedì, “dovrebbe essere oggetto di una pubblica scusa ai cittadini di Bari – ha concluso Amenduni – il comportamento di chi ha fatto credere che il teatro fosse di proprietà pubblica”. Intanto, su Facebook il sindaco Decaro, quasi a voler sfidare le precisazioni dell’avvocato Amenduni, ha scritto: “Il Teatro Petruzzelli è anche il nostro teatro e non importa quanto sarà difficile questa battaglia, io non sarò il sindaco di Bari che chiuderà le porte del teatro alla città. Lo devo soprattutto a voi baresi, ai nostri figli, a cui abbiamo promesso che quelle porte non si sarebbero più chiuse”. E, sempre su Facebook, Decaro a proposito della vicenda del Petruzzelli ha ricordato: “Abbiamo pianto quando lo abbiamo visto bruciare, pregato quando era poco più di un rudere abbandonato e gioito a ogni mattone che veniva su durante la ricostruzione. Ne abbiamo ricostruito l’identità e
l’immagine. Abbiamo imparato di nuovo a frequentarlo e ad amarlo”. Quindi, proseguendo, ha affermato il Primo cittadino barese: “Alcune battaglie sono troppo importanti per la città per non essere affrontate”, definendo il teatro Petruzzelli “un patrimonio e un simbolo della città di Bari che è difficile tornare a immaginare come luogo privato”. Il riferimento di Decaro è chiaramente alle due recenti sentenze “che ci dicono – ha ricordato il sindaco – che la proprietà del Teatro non sarebbe pubblica, nonostante lo Stato vanti un credito di oltre 43 milioni di euro dalla famiglia riconosciuta come proprietaria”, per i costi di ricostruzione del teatro dopo l’incendio che lo distrusse nel 1991. Insomma, come recita un antico detto barese, la lingua sempre batte dove il dente duole. Infatti, “La vicenda – per Decaro – è complessa” e per questo martedì scorso il sindaco ha incontrato a Roma il ministro Franceschini “per individuare una soluzione amministrativa che ci permetta diindividuare la procedura per sanare, una volta per tutte, la situazione del nostro Teatro”. “Nel rispetto delle sentenze e dei diritti di tutti, il nostro dovere – ha aggiunto in fine Decaro – deve essere assicurare l’interesse pubblico”, rendendo noto che “gli uffici legali del Comune e quelli del Governo sono a lavoro in queste ore. Spero nei prossimi giorni di poter comunicare decisioni ufficiali e concrete”. Dimenticando, però, che in precedenza anche sulla intricata e complessa vicenda del teatro Petruzzelli e su talune illegittimità, facilmente ipotizzabili ed ora anche accertate dall’Autorità competente, c’è chi ha costruito le proprie fortune elettorali. Tanto, come si sa, alla fine a pagare per gli errori nella gestione delle risorse pubbliche, a volte anche clamorosi, è sempre Pantalone. Infatti, per la politica barese assicurarsi la gestione, attraverso l’omonima Fondazione, del teatro Petruzzelli rappresenta una vera manna dal cielo. Ciò che invece è incomprensibile e pretestuosa è la pretesa di voler accaparrare a tutti i costi al pubblico patrimonio anche la proprietà privata di un immobile privato che sarebbe forse addirittura superfluo, considerato il fatto che comunque, in base alla convenzione del 1896 tra Comune e costruttori, non potrebbe mai avere una destinazione d’uso diversa da quello che ha sempre avuto.

 

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 25 Novembre 2021

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