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Altro che spreco di denaro… il ricorso al Tar contro la Newo è inevitabile

 

Potrebbe essere non necessario, oltre che uno spreco di denaro pubblico, il ricorso che il Comune di Modugno (ma anche altri dell’hinterland barese limitrofi alla cittadina alle porte di Bari guidata dall’ex magistrato Nicola Magrone) ha annunciato di presentare al Tar (Tribunale amministrativo regionale) contro la Regione Puglia, per l’annullamento dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) che ha dato il via libera alla società Newo, della foggiana famiglia Chirò, alla costruzione ed alla messa in esercizio di un inceneritore ad ossi-combustione di rifiuti pericolosi e non, nella zona industriale di Bari-Modugno. A formulare tale ipotesi sono i “Verdi” pugliesi, che ritengono inutile il ricorso ai giudici amministrativi e di conseguenza  anche i costi per il ricorso, come hanno annunciato di voler fare i Primi cittadini di alcuni centri del nord barese, preoccupati per le conseguenze negative sulla qualità dell’aria in tutta la zona a confine con quella interessata dall’ubicazione dell’impianto della Newo, perché – a loro dire – la cosiddetta Via (valutazione d’impatto ambientale) con parere favorevole che è stata, poi, determinante al rilascio dell’Aia da parte della Regione, sarebbe priva dei necessari requisiti procedurali per essere considerata valida. Infatti, secondo quanto sostengono gli ambientalisti pugliesi che si riconoscono nel noto e tradizionale movimento politico dei “Verdi”, la procedura con cui si addivenuti alla Valutazione d’impatto ambientale, rilasciata dalla Regione Puglia alla società dauna Newo, sarebbe affetta da un vizio, che inficerebbe “ab origine” il parere favorevole della stessa, in quanto lo studio preliminare con il quale si è poi giunti al parere positivo alla costruzione dell’inceneritore di nuova generazione nella zona industriale barese, doveva essere pubblicato, così come prevede la normativa vigente, su un quotidiano nazionale e su uno locale. E ciò per consentire, alle comunità interessate dalla presenza di detto impianto innovativo, di presentare rilievi, osservazioni ed obiezioni ed a cui si sarebbero dovute dare pertinenti risposte sia da parte della società interessata alla realizzazione dell’impianto che delle Autorità competenti al rilascio di determinate autorizzazioni amministrative propedeutiche alla Via. In altri termini, secondo quanto sostengono gli ecologisti pugliesi, nell’iter procedurale della Via sarebbe stato omesso un passaggio essenziale e determinante ai fini della partecipazione dei vari “soggetti istituzionali” e “non” al processo decisionale garantito dalla convenzione di Aarhus (ratificata in Italia con legge n. 108 del 16 marzo 2001). Di contro, invece, l’avviso informativo del procedimento in corso per l’ottenimento della Via sarebbe stato diffuso solo sulle pagine a diffusione locale del quotidiano “Repubblica”, ovvero solo sull’inserto riguardante il capoluogo. E questo – a detta sempre dei “Verdi” pugliesi – sarebbe un fatto gravissimo, poiché sarebbero stati calpestati i diritti dei cittadini a poter intervenire nel procedimento della Via e quindi, in definitiva, sarebbero stati privati di un importante diritto d’informazione e conseguente partecipazione su una questione d’interesse collettivo. A conforto di tale tesi riferiscono di un caso simile, che accadde nel 2008 per l’inceneritore del gruppo Marcegaglia, e all’epoca la Regione fu costretta a ritirare l’autorizzazione rilasciata. Inoltre, ha rilevato il movimento politico ambientalista guidato dal noto ecologista Angelo Bonelli, l’impianto di Modugno, non rientrando tra quelli di interesse strategico nazionale, va subito fermato, perché è inutile spendere denaro pubblico per ricorsi al Tar, in quanto questo caso non è neppure lontanamente analogo al procedimento espletato per il progetto del “gasdotto Tap”, che il governo nazionale ha imposto, prescindendo anche dalla Via, alle comunità salentine nel tratto finale, approdante a Melendugno (Le), sulla spiaggia di San Foca, e che nonostante tutto stanno in maniera clamorosa e veemente contestando la decisione governativa. Infatti, hanno osservato ancora i “Verdi”, il progettato inceneritore barese della Newo è un’opera di interesse strettamente locale, per cui l’irregolarità denunciata nella procedura espletata per il rilascio della Via inficia la validità complessiva dell’intero iter amministrativo regionale. E, quindi, anche dell’Aia. Però, il vizio nella Via eccepito dai “Verdi” pugliesi, se fondato, potrebbe fornire un utile pretesto alla Regione Puglia per ritornare sui propri passi e così revocare l’Aia, concessa lo scorso 25 gennaio alla società Newo, all’impianto ad ossi-combustone nella zona industriale di Bari. “Ma ciò – si chiedono gli addetti ai lavori e diversi esponenti delle comunità interessate – sarebbe sufficiente a sventare definitivamente la realizzazione dell’impianto in questione?” Evidentemente no. Infatti, l’iter autorizzativo alla costruzione e messa in attività dell’infrastruttura di Newo è stato perfezionato con il rilascio dell’Aia da parte della Regione e qualsiasi vizio eccepibile nel procedimento, per garantire alla collettività che il progetto dell’azienda dauna venga rimesso in discussione, deve essere necessariamente sancito da un procedimento giudiziale. Diversamente ci sarebbe sempre il rischio che quanto suggerito dai “Verdi”, in pratica, finisca per essere solo pia illusione per i cittadini residenti nelle aree che potrebbero essere compromesse dalla messa in funzione dell’impianto. In definitiva, se si vorrà effettivamente correre ai ripari e sventare il potenziale pericolo ambientale che incombe sulle comunità del nord barese a ridosso della zona su cui è previsto l’impianto della Newo, alle parole dovranno necessariamente seguire i fatti. E, al punto in cui sono le “cose”, è alquanto improbabile che la Regione “sua sponte” revochi l’Aia, anche in considerazione della quasi certa richiesta di risarcimento danni da parte della Newo, per cui i fatti coincidono necessariamente con un ricorso giudiziale amministrativo. Diversamente, il resto sarebbe solo “fuffa” da campagna elettorale.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 22 Febbraio 2018

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