Cultura e Spettacoli

Anche Ulisse alle Diomedee?

L’ultima tappa del peregrinare di Ulisse prima di tornare ad Itaca fu Scheria, ovvero l’isola dei Feaci, dove l’eroe venne benevolmente accolto dal re Alcinoo, il quale in un secondo momento gli offrì una nave con cui tornare in patria. Scheria viene descritta da Omero come un’isola felice in cui si coltivano le arti e la passione per le discipline olimpiche. Questa rappresentazione di un’oasi di pace all’interno di un mondo insanguinato da guerre e oppressa da sirene, giganti, cannibali e maghe crudeli, infonde l’idea di un locus amoenus contrapposto ad un locus horridus (il Mediterraneo, appunto). Quando Alcinoo dice ad Ulisse : “ per lo meno fino ad ora gli dei si manifestano a noi sempre chiaramente quando noi sacrifichiamo … ed essi siedono banchettando là dove sediamo noi stessi» (settimo libro, vv. 201 seg.), afferma implicitamente che il rapporto degli Dei con i Feaci è di caratura superiore a quello che essi intrattengono con gli altri uomini. In questo vivere dei Feaci in sintonia col divino si ritrova un topos caro alla tematica mitologica : la purezza incantata dei popoli rimasti ai margini del mondo ‘organizzato’. Tanto non poteva non incitare generazioni gli studiosi alla ricerca di un luogo materiale nel quale ‘incarnare’ ciò che in sostanza è un luogo del pensiero. Ma vai a mettere d’accordo tante teste : Tucidide identifica l’isola dei Feaci in Corcira (Corfù), Strabone la colloca nell’Oceano Atlantico, Philip Chanpault parla di Ischia per assonanza col leggendario toponimio Scheria. Altri tirano in mezzo la Sardegna. Altri ancora escludono le isole e considerano alcuni tratti della terraferma calabrese. Perché non pensare anche all’isola di San Nicola, la più grande delle Tremiti?… Nell’Odissea Ulisse s’imbarca al tramonto sulla nave messagli a disposizione dai Feaci e all’alba è già ad Itaca. All’epoca, col vento favorevole e con un buon nocchiere, ad una rudimentale nave a vela bastava una dozzina di ore per coprire quei settecento chilometri. E una dozzina di ore – in inverno – possono intercorrere tra alba e tramonto. Ulisse alle Tremiti? E perché no? Il nostro arcipelago sembra fatto apposta per celebrare il mito. Le Tremiti hanno legato il loro nome all’altro eroe acheo reduce da Troia, Diomede, tanto che anticamente queste isole erano chiamate Diomedee. La leggenda racconta che esse nacquero per mano di Diomede, quando l’eroe gettò in mare tre giganteschi massi (corrispondenti a San Domino, San Nicola e Capraia), portati con sé da Troia e riemersi sotto forma di isole. Alle Tremiti, Diomede ebbe il primo contatto con la Puglia. Più in là sbarcò sul Gargano, nei pressi di Rodiin cerca di un terreno più fecondo. Quando entrò in contatto con Dauno, re dei Dauni, ne sposò la figlia Euippe (Drionna o Ecania secondo altre donti)  e s’insediò definitivamente nella nostra terra. – Nell’immagine, ‘Ulisse e Nausicaa’ di Jean Veber.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Giugno 2018

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