Cronaca

Ancora alta l’attenzione sull’importazione di olio dalla Tunisia

Sulla vicenda dell’importazione a dazio zero di ulteriori 70mila tonnellate in due anni di olio extra vergine d’oliva dalla Tunisia che la Ue si appresta ad autorizzare (l’iter procedurale – come è noto – è quasi ultimato, manca solo il voto dell’Aula parlamentare previsto per il prossimo 25 febbraio) è il “Movimento 5 Stelle” ha tenere ancora alta l’attenzione. E, quindi, anche le polemiche su tale decisione che potrebbe rivelarsi un vero e proprio boomerang per l’olivicoltura italiana e in particolare pugliese. Infatti, già un precedente accordo tra Ue e governo del frontaliero Paese nordafricano consente lo sbarco nel mercato comunitario di oltre 56mila tonnellate l’anno di olio d’oliva tunisino senza alcun dazio, per cui l’innalzamento del quantitativo a circa 92mila tonnellate provocherà sicuramente ripercussioni negative ai Paesi europei maggiori produttori di olio, vale a dire Italia, Spagna e Grecia. Ma il danno maggiore potrebbe essere provocato ai produttori italiani, e quindi a quelli pugliesi in particolare, perché la Puglia, risultando la regione più ulivetata, subirebbe di certo i contraccolpi maggiori per la presenza sul mercato interno di quantità smisurate di olio tunisino che, attraverso un meccanismo ormai collaudato di frodi nel settore ed a causa di una legislazione nazionale ed europea ancora troppo confusa, finirebbe per essere commercializzato come prodotto nazionale. Infatti, il consigliere regionale Antonio Trevisi del M5S, intervenendo con una nota sulla questione, ha dichiarato: “Ci sono colpevoli responsabilità governative sulle frodi alimentari per non aver mai affrontato e adottato un serio Piano olivicolo sia a livello nazionale che regionale”. “Questa dell’olio tunisino è la goccia che ha fatto traboccare il vaso” – ha proseguito il rappresentante pentastellato alla Regione Puglia, perché “Il vero obiettivo da perseguire è quello di puntare sul rafforzamento delle norme che oggi regolano i criteri per l’identificazione in etichetta dell’olio messo in commercio” e spiegando che “Un olio per considerarsi italiano non può prescindere da una scrupolosa indicazione dell’origine delle olive e delle varietà ‘cultivar’ utilizzate”.  Una generica dicitura “olive italiane” non ha senso, ha ancora commentato Trevisi, che ha poi rilevato che “La vera battaglia che va affrontata politicamente è quella normativa per rendere tracciabile ed identificabile la vera produzione olearia italiana, partendo dall’adozione e dal riconoscimento di metodi di analisi innovativi”. “L’italianità di un prodotto – ha proseguito Trevisi – si distingue solo quando traspare l’origine territoriale legata ai propri oliveti, alla varietà di olive coltivate ed utilizzate”. E, con riferimento alle responsabilità del passato della classe dirigente nazionale e locale, ma forse anche a quelle governative attuali, l’esponente del M5S ha commentato: “Se la politica invece di essere assente avesse difeso le Pmi (ndr – Piccole e medie imprese) e le eccellenze agricole italiane, che sono uniche al mondo (per questo vengono imitate), la crisi avrebbe avuto un impatto molto modesto nel nostro Paese”. E, quindi, ha spiegato ancora Trevisi “Invece di proteggere i nostri prodotti, rendendoli riconoscibili agli occhi dei consumatori grazie ad una forte garanzia di origine di tutta la filiera, gli ultimi governi hanno lavorato per conformare il ‘Made in Italy’ verso standard sempre più bassi”, per poi concludere che: “Non competendo più sulla qualità, ma su un terreno che favorisce i Pvs (ndr – Paesi in via si sviluppo), si è demolita l’economia e l’occupazione”. Un intervento critico ancora più pesante sulla questione si registra da un altro consigliere regionale del M5S, Cristian Casili, che tra l’altro, essendo un agronomo, è pure un esperto del settore. Infatti, l’esponente pentastellato salentino l’ulteriore importazione di olio dalla Tunisia è “la foglia di fico per coprire le nefandezze di casa nostra sull’olio extravergine italiano.”   “Ogni anno – ha affermato Casili – importiamo sotto la complicità delle istituzioni e delle associazioni di categoria  tonnellate di olio  proveniente da Spagna, Grecia, Siria, Marocco, Turchia, Tunisia”. E, proseguendo, parla delle possibili complicità ed inadempienze che negli anni hanno portato il settore alla situazione attuale. “Politica ed associazioni che, salvo ringraziare gli organi inquirenti per la scoperta di una partita di olio contraffatta, nulla fanno per porre fine allo sciacallaggio che subiscono i produttori onesti di Puglia che producono il miglior olio extravergine del mondo”. Questa è la prima volta che un rappresentate politico, Casili per l’appunto, paventa una corresponsabilità omissiva delle Associazioni di categoria per talune politiche fallimentari adottate al comparto olivicolo ed oleario nazionale e pugliese. Non a caso, poi, nella nota si lascia andare ad una ironica frase di commento: “E pensare che in tutto questo disordine di un sistema delinquenziale dovuto alla estrema industrializzazione  del comparto olivicolo c’è (ndr- pure) chi vorrebbe proporre gli stessi modelli spagnoli al Salento su cui grava già la iattura del disseccamento degli ulivi.” Infatti, per il rappresentate alla Regione del M5S del Salento l’olivicoltura pugliese può ancora salvarsi se ritorna ad essere “una olivicoltura a misura d’uomo e abbandona modelli superintensivi che nulla hanno a che vedere con le caratteristiche eterogenee dei nostri  territori.” E quest’ultima affermazione di Casili è fatta probabilmente più da tecnico del settore (da non dimenticare che trattasi di un agronomo di professione) che da politico.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 6 Febbraio 2016

Articoli Correlati

Back to top button