Cultura e Spettacoli

Andar fuori di… porta

Si può ‘guardare’ la musica? Ai tempi del vinile si usava ascoltare la musica leggendo cose, perdendosi in foto e disegni stampati su vaste copertine concepite ad album. Poi venne il compact e la necessità di comprimere gli spazi andò a scapito di un piacere sottile. Ma la bellezza (possa o no salvare il mondo) è dura a morire. La confezione – chiamiamola così – che avvolge ‘Forè’, prima incisione dell’omonimo trio pugliese composto da Massimiliano Morabito (organetto), Pierpaolo Martino (basso) e Adolfo La Volpe (chitarre), riconcilia col passato. Disegnato da FYC design by Fanny Cavone e arricchito dalle foto dello stesso Morabito, il libretto che accompagna ‘Forè’ delizia lo sguardo e scalda il cuore. Dieci le (splendide) immagini, tanti quanti sono i brani di questo breve ma intenso disco ; tutte ritraggono malandate porte di fabbricati rustici soffermandosi su toppe e chiavistelli. La scelta è legata al titolo dell’opera e della formazione : ‘Foré’ è  francesizzazione di ‘forë’, espressione che in Terra d’Otranto indica il ‘fuori’ rispetto al paese, cioè la campagna, quella meraviglia dove in mezzo a ulivi, mandorli e muri a secco si levano piccole testimonianze della civiltà contadina e che il cattivo gusto imperante ancora non ha snaturato in resort e B&B (proprio in una di queste costruzioni Martino, Morabito e La Volpe hanno costruito il loro cd). E siccome foré, che in francese significa perforato, richiama l’idea del varco, della soglia da attraversare per accedere a più nobili dimensioni del sentire, porte e toppe trovano piena giustificazione. Un lavoro tutto strumentale, pregevole, denso e semplice al tempo stesso, venato di malinconia, fresco, affatto narcisistico. Dopo la serena apertura con ‘Il Barone Rampante’, una composizione di Martino, è il turno di La Volpe con ‘Perplesso nell’ombra (aspetto)’, un brano che pizzica le corde della memoria ed evoca languori da emigrato. Il successivo ‘Bella’ (Martino/Morabito) è serenata d’amore cui manca solo la parola d’un Neruda. Segue ‘Pere, mele e percoche’ (Morabito), che reca l’odore, il colore di frutti maturi raccolti in silenzio da manovali e operaie in mezzo a sguardi e altre schermaglie d’amore. ‘Toujours’ (Martino) è sigaretta consumata fissando il vuoto, il pensiero intento a scrutare il passato mentre la musica scende come un balsamo su ferite mai richiuse. L’inquieto ‘Cisternino’ (Martino/Morabito) ha sapore on the road ; un coast to coast Jonio-Adriatico cavalcando il Salento. Con ‘Giano’ (Morabito) si torna al corso dei pensieri ; un bel ritmo fa prendere corpo a un sentimento vago, forse il sospetto, forse la speranza. In ‘Tango solo’(Morabito) non si avverte la milonga, piuttosto l’aia dove bonari cafoni goffi al ballo seducono carose senza la protervia di gauchos dal coltello facile, per dirla con Borges. Il gaio e pacato ‘Mr Bones’ (Martino) anticipa la fine affidata a ‘Pizzica a Marino’, tenero omaggio che Morabito dedica al fratello perduto ; una pizzica senza assillo, avvolta dall’umido velo della nostalgia.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 26 Aprile 2013

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