Cultura e Spettacoli

Andrea Larenza, scrittore per passione

Andrea Larenza, un impiegato, una persona comune, con una grande passione: la scrittura. Il suo primo libro “La speranza di Luca” tratteggia una realtà, dietro la cui nebbia e disperazione, c’è ancora la speranza di una vita che lotta per emergere dal baratro, perché “molto spesso, l’antidoto del male, è l’amore”. Acquaviva, è il teatro su cui si muovono i personaggi, studiati nei minimi dettagli, portatori di genuine emozioni.
Chi è Andrea Larenza?
Andrea Larenza è una persona comune. Nella vita, sono un impiegato a cui piace trasmettere le proprie emozioni, attraverso la scrittura.
Cosa è per te la scrittura? E che tipo di rapporto hai con essa?
Credo che la scrittura sia un dialogo con se stessi. Molte volte, ti aiuta anche a ragionare di più. Il dialogo con gli altri, purtroppo, è più difficile, perché difficilmente gli altri ti ascoltano. La scrittura, invece, ti permette di ascoltare te stesso ed anche gli altri. Attraverso di essa, trasmetto le mie emozioni e i miei stati d’animo.
Per quale motivo hai iniziato a scrivere?
Ho iniziato a scrivere  quando ho letto, più di 30 anni fa, una lettera di una ragazza, che mi ha fatto riflettere molto. Possiedo un diario, su cui mi piace annotare tutti i miei pensieri e questa lettera, mi ha portato a scrivere numerose riflessioni. Proprio come ha scritto questa ragazza, le cose belle altro non sono che quelle cose che, se stai bene ti sembrano sciocche, se stai male invece, ne capisci l’importanza.
Ti sei mai bloccato davanti ad una pagina bianca? E in che modo riesci a superare il black-out?
Sinceramente non mi è mai accaduto, poiché scrivo quando ne sento la necessità, quando ho la mente libera. Per me scrivere è una vera e propria gioia.
C’è un momento e un luogo particolari in cui ti piace scrivere?
Scrivo a casa, vicino al fuoco. La tranquillità domestica è una cosa per me molto importante e i miei figli e mia moglie, mi hanno aiutato a scrivere in un’atmosfera sana.
Per uno scrittore è difficile emergere in Italia?
Non mi ritengo un vero e proprio scrittore, ma credo di sì. Ad Acquaviva ci sono tante persone, tanti professori, che hanno letto il mio libro, ma se non sei legato a qualcuno, a qualche corrente politica o a qualche personalità di spicco, tutto è molto più complesso. Nonostante questo, ho avuto tante soddisfazioni e tanti riscontri positivi, non solo da amici e parenti, ma anche dalla gente del posto.
Hai nuovi progetti in corso di cui vorresti renderci partecipi?
Il mio desiderio è quello di continuare a scrivere, ma devo ancora trovare la strada giusta. Ho tante idee in mente, devo solo scegliere quella migliore.
Chi ha sempre creduto in te? E di chi temi più il giudizio?
Ho sempre creduto che debba essere io stesso a credere in me. Purtroppo viviamo in una società, dove c’è invidia e cattiveria, sentimenti che non ci aiutano a crescere, per questo bisogna avere sempre fiducia in se stessi e considerare ogni giudizio un motivo in più di riflessione.
C’è qualcosa di autobiografico nel tuo libro “La speranza di Luca”?
Se parliamo di emozioni, si tratta indubbiamente delle mie. Gli eventi raccontati invece, non fanno parte della mia vita. Cerco di studiare le persone che incontro nella vita e li trasformo in personaggi, descrivendoli e aggiungendo un po’ di me e delle mie sensazioni. Nel mio libro, ci sono numerosi personaggi reali, a cui le vicende raccontate sono realmente accadute.
Da cosa hai tratto ispirazione?
Gli episodi li avevo scritti separatamente, poi, in un secondo momento, li ho uniti. Sembra difficile, ma alla fine quando hai voglia di scrivere, è più semplice di quello che si pensa.
Che messaggio vorresti trasmettere con “La speranza di Luca”?
Il messaggio che vorrei trasmettere è che, molto spesso, l’antidoto del male è l’amore. Vedere l’altro come un fratello, perché quando tu fai del bene agli altri, quel bene lo senti. Credo che l’estraneo vada visto come una persona che puoi aiutare e che ti può aiutare. In tutti i rapporti, secondo me, ci dovrebbe essere maggiore spontaneità e rispetto.
Cosa pensi della realtà editoriale italiana?
Penso che ci siano tanti scrittori e tanti siti che, almeno apparentemente, ti vogliono aiutare, ma se alla fine non hai la chiave giusta, non ci riesci. Man mano che entri in quel mondo, capisci che non è poi così facile come ti era sembrato inizialmente. Credo anche che le mie difficoltà siano legate al mio carattere, particolarmente introverso e questo sicuramente non favorisce la mia situazione.
E’ stata dura per te, che sei un’artista emergente, riuscire ad essere notato dalle case editrici?
Si è stato molto difficile. A Bari ci ho provato con alcune case editrici, ma ho perso quasi un anno, dietro una risposta che non è mai arrivata. Ho cercato di partecipare anche a concorsi letterari, ma hanno un limite d’età: superati i 35 anni non puoi più partecipare. Insomma, non è stato facile, alla fine mi sono rivolto ad un tipografo di Acquaviva.
Cosa cerchi dalla vita?
La tranquillità familiare e la salute. Credo che queste siano le cose essenziali. Inoltre, credo sia molto importante creare un rapporto con i propri figli, comunicare con loro, non ci si deve perdere.
 
Nicole Cascione
 
 
 
 


Pubblicato il 14 Gennaio 2012

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