Anita e Bettina, ebree baresi
Nel suo “Il libro della memoria”, edito da Mursia nel ‘91, Liliana Picciotto Fargion elenca gli ebrei di cui è stata accertata la deportazione dal territorio italiano e dai possedimenti in Egeo ; rispettivamente 6746 e 1820 persone. In questa lunga lista, compilata con l’ausilio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, spiccano due nomi : Anita Mariani e Bettina Mariani. Le due sorelle, figlie di Eliseo Mariani e Sofia De Benedetti, erano nate a Bari, la prima il 3 dicembre 1913, la seconda il 2 febbraio. La scarna scheda che le riguarda riporta per entrambe la città di Milano come “ultima residenza nota”. Le due giovani donne furono arrestate lo stesso giorno, il 22 aprile del’44, ma in località diverse. I nazifascisti catturarono Anita a Cadorago e Bettina a Viconago, due piccoli centri, uno del comasco, l’altro del varesotto. Come spiegare questo venire individuate lo stesso giorno ma in località distanti quasi centro chilometri? Partendo dal fatto che esse risiedevano a Milano, è molto probabile che, dopo l’8 settembre, alla recrudescenza della caccia al giudeo scatenata dai nazisti col sostegno dei Repubblichini, la famiglia Mariani si disperdesse. Se Anita e Bettina cercarono rifugio presso amici di famiglia, a Cadorago e Viconago rimasero nascoste sotto falsa identità forse mesi. Il loro arresto congiunto più che un fatale combinazione ci pare conseguenza di uno dei tanti grandi blitz che in quei giorni, periodicamente, interessavano ora questa, ora quella regione della RSI. Tornando alle schede di cui prima, le sorelle Mariani si ritrovarono a Bergen Belsen, un campo di sterminio della Bassa Sassonia, a sud est della città di Bergen, dove morirono 50.000 persone, tra cui Anna Frank. Vi giunsero in tempi diversi, Anita il 12 agosto, Bettina il 22 dello stesso mese. Con ogni evidenza non viaggiarono sullo stesso convoglio. Ma quasi quattro mesi per percorrere una migliaio di chilometri? Viene da pensare che la loro odissea dovette contemplare soste giustificate da ragioni tecniche. In altre parole, poiché l’industria della morte, per quanto organizzatissima, non poteva ‘smaltire’ più di un certo numero di ‘pezzi’ al giorno, se il ‘materiale’ avviato allo smaltimento superava la quota giornaliera sostenibile dagli impianti, gli stock di merce umana dovevano fare ‘anticamera’ dentro quello o quell’altro ‘campo di raccolta e attesa’. Insomma, una sorta di gioco al rialzo del dolore prima della madre di tutti gli orrori. Il calvario delle sorelle Mariani si concluse nella primavera dell’anno successivo all’arrivo degli Alleati. Chissà come fecero a sopravvivere a quell’inferno, chissà se conobbero Anna Frank, chissà che fu di loro, dopo.
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Pubblicato il 29 Gennaio 2011