Cronaca

Ansa di Marisabella: la ‘Via’ migliore per una nuova portualità

Sappiamo che il porto di Bari, dal  1974 ad oggi, data in cui  veniva approvato il piano regolatore del porto di Bari (PRP) recepito poi  nel 1976  nel Piano Regolatore Generale (PRG) della città, oggi ancora vigente,  è stato attraversato da  una significativa  rivoluzione legislativa  in materia di porti,  tutt’ora in corso, che ha riguardato anche l’ urbanistica e l’ ambiente e che non considera più i porti  una  variabile indipendente slegata dallo sviluppo della città. Se l’ Autorità Portuale di Bari non ha voluto dotarsi di un nuovo piano regolatore pur avendo questo  ormai 40 anni di età,  così come il  piano regolatore della città di Bari, per non impattare con un mondo e un contesto urbano  che è cambiato sul piano urbanistico e ambientale  , ciò  non giustifica: che si debba ancora edificare nel porto per uso ufficio  in un’area vincolata per la città, che  si debba  cementificare il mare per  parcheggio dei  tir come in nessuna parte al mondo è più consentito, in un’area attigua al tessuto urbano e quindi valorizzabile più  per lo sviluppo della città che  del porto, che si debbano  dismettere i tracciati  ferroviari, che non ci si debba affatto preoccupare  che fine fa il traffico pesante dei tir in entrata e uscita dal porto (ultimi dati della stessa A.P. 2016 parlano di 350.000 Tir  all’anno), che non si debbano portare a elemento di positività condivisa l’aumento del traffico  merci,  passeggeri e crocieristico, seppur purtroppo con alcune evidenti falle verificatesi nei controlli doganali, che la città tutta e non solo un Circolo privato  come quello della  Vela abbia potuto  fruire di alcune bellezze del porto e che non possa farlo a partire  dall’ansa di Marisabella e dal porto borbonico, che non si debba prendere atto che la gestione del porto è già una gestione esclusiva di Regione ed enti locali,  oggi confermata anche dalla recentissima riforma della governance portuale con un decentramento delle responsabilità ben preciso. E, sono proprio queste “dimenticanze” “superficialità” e “pratiche”  consolidate nei “tempi” nella gestione portuale che è sempre più opportuno abbandonare, non solo per ragioni legislative,  ma anche e soprattutto per ragioni sociali, culturali e ambientali che non consentono più di lasciare ancronisticamente  immutate  la tipologia e la destinazione d’uso  delle aree portuali. Se è pur vero che sarebbero occorsi  10 anni per un nuovo piano regolatore portuale  da sottoporre a valutazione ambientale strategica (VAS),  coerentemente  con le innovazioni legislative  introdotte dalla legge 84 del 1994 già modificata nel 2007, ciò non giustifica il ricorso  da decenni ai POT (Piani Operativi Triennali), l’ultimo dei quali è scaduto nel 2016,  con le aggiustatine di varanti di interessi. Da  oggi, ricorda ancora l’ex consigliere Matteo Magnisi, proprio con  la recentissima riforma dell’ordinamento e delle attività portuali con il  Dlg 169 del 2016   diventa addirittura  superato   quello che sarebbe dovuto essere un nuovo Piano Regolatore del Porto di Bari mai fatto a distanza di 23 anni dalla legge 84/94 e  che avrebbe già  dovuto valorizzare  nuove  sensibilità socio-culturali e ambientali per un porto  in armonia con la città. “Oggi abbiamo sotto i nostri occhi un porto sempre più accerchiato  dalla città che presenta  tutti gli acciacchi di un vecchio porto e  che non vuole curarsi pur avendone incrementato notevolmente i flussi”, precisa Magnisi. Oggi, dopo il P.S.N. , Piano Strategico Nazionale dei Porti e della Logistica ,del Ministro Del Rio del 2015 è prevalsa la concezione della portualità come logistica integrata . Non lo diciamo per gli addetti ai lavori naturalmente.  Su richiesta esplicita del sindaco di Bari che è anche come è noto il  sindaco della città metropolitana di Bari , per  esigenze di pianificazione sovra comunale,   è stato recepita  l’aggregazione delle  Autorità  Portuali. Abbiamo 2 Autorità portuali: quella del Basso Adriatico che comprende i porti di Bari, Barletta, Manfredonia, Monopoli e Brindisi. E quella del c.d. Scalo Jonico come Autorità Portuale Autonoma. Un motivo in più oggi  per  abbracciare la concezione di area logistica integrata dei porti.  Nel senso che area logista integrata non significa certo che tutti i porti facenti parte  dell’Autorità Portuale debbano fare tutto  (merci – ror-rò, passeggeri, crociere) ,  tutti con le stesse funzioni, con le stesse infrastrutture e senza alcuna   logica di interconnessione. Per il Comitato ‘Fronte del Porto’ ci troviamo davanti a un Porto che  vuole fare tutto e poco incline a  fare scelte di sistema: a cosa servirebbe un’unica Autorità Portuale se non indirizzata ad una  pianificazione integrata? Non sono mai stati idilliaci i rapporti del Comitato Fronte del Porto con l’Autorità portuale di Bari ed è notorio il fastidio  dell’A.P. negli anni anche al solo parlare. “Ricordiamo quando anni addietro l’Assessore Carla Tedesco  , allora  ricercatrice  dell’Università  ci interpellava sul tema della partecipazione dei cittadini per un lavoro suo lavoro sui porti e  sul porto di Bari, che diventò poi un libro, rimase colpita dai  comportamenti di chiusura al dialogo dell’Autorità Portuale con il Comitato Fronte del Porto. Un’ Autorità Portuale, il cui comitato di gestione in vigore dal 2005 è scaduto, che è stata in questo decennio   più impegnata a chiamare veti  o malcelati interessi,  quelli dei cittadini organizzati in comitati fuori da ogni interesse privato e per il bene comune che  si interpongono nella realizzazione di un’opera portuale con il passare del tempo sempre più inutile oltre che ambientalmente nociva, fuori da ogni  visione prospettica  della città,  piuttosto che ad ascoltare anche la voce dei cittadini con proposte, indicazioni e  argomentazioni”, per Matteo Magnisi. Insomma, non hanno giovato al dialogo del comitato con l’A.P le conferenze di servizi verificatesi nel tempo senza forme di pubblicità e coinvolgimento  , che seppur ancora  non obbligatorie  per legge,   sono restate   ignote ai cittadini e conosciute solo a posteriori, che non hanno potuto   rappresentare ufficialmente le loro ragioni nel momento in cui le  decisioni sono state prese. Oggi viene richiesto quindi un Piano Regolatore di sistema  del porto,  che comunque questa volta non potrà sottrarsi a una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) della Regione Puglia come ha fatto per la colmata di Marisabellla con la mancata  VIA statale. Oggi con la nuova logica della portualità integrata  si va a salvaguardare anche e soprattutto la compatibilità economica di sistema integrato dei porti  e non solo di ogni singolo  porto.  Un motivo in più oggi con i nuovi indirizzi legislativi per non  fare scelte  capotiche  ma dettate invece  da una visione di sistema dei porti facenti parte della nuova Autorità Portuale  del basso Adriatico. Quale migliore fruizione sarebbe quel prezioso specchio d’acqua della ansa per esempio  se non un grande affaccio della città su quel mare per le attività sportive di canottaggio? O per un grande auditorium all’aperto, contenitore   di cultura, musica e teatro e attrazione per il turismo? Invece di una grande distesa di cemento  (colmata) notoriamente  eco-incompatibile con l’equilibrio idro-geologico di quell’area? Perché non rimediare da subito e per i prossimi anni, fino alla realizzazione della camionale, con l’utilizzo ad esclusivo uso dei tir della  Via Caracciolo dove tra l’altro sono in progressiva dismissione i mercati generali? e dove c’è il varco di ingresso al porto sul Lungomare Vittorio Veneto quasi sempre chiuso? Quali inspiegabili  impedimenti si frappongono a tale soluzione da parte del dirigente alla viabilità  del Comune di Bari? Perché non dare  piena fruibilità collettiva  a  spazi e aree di pregio come il molo borbonico con percorsi storici e culturali?  Gli spazi  e sui contenitori storico-culturali oggi e nel recente passato sono stati sempre oggetto di appropriazioni d’uso indebite come il Castello Svevo e  la Chiesa Russa.

 

Francesco De Martino

3.3 (FINE)


Pubblicato il 31 Marzo 2017

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