Antoine, ‘resistente’ invulnerabile
La più scomoda delle ‘diversità’ consiste in quel tipo di intelligenza che si manifesta refrattaria all’omologazione del gesto, del pensiero e dello stile di vita. E siccome tale idiosincrasia rappresenta la più temibile forma di dissidenza, ecco che la massa non perdona questa ‘diversita’. La verità è che questi ‘diversi’ fanno paura più d’ogni altra cosa. Fanno paura perché minano alla base le certezze collettive più di quanto possano le ragioni di fuga da una condizione subalterna prodotta dal sesso, dalla razza, dalla lingua. dalla religione, dall’opinione politica o dalla condizione socio-personale. Desiderio di fuga che il ‘resistente’, talvolta nemmeno manifesta, quasi pago della propria invulnerabilità. Il che lo rende doppiamente scomodo agli occhi del prossimo. E’ il caso del povero Antoine, il protagonista di ‘Come sono diventato stupido’ (un fortunato romanzo di Martin Page), un giovane dell’era globale il cui ricchissimo bagaglio emotivo lamenta una lacuna : il non aver ancora conosciuto l’amore. La lacuna gli fa percepibile particolarmente bruciante l’emarginazione in cui è immerso. Esasperato, Antoine prova a ‘istupidirsi’ per essere accettato. Ce la mette tutta e fa violenza a sé stesso. Ma funziona per poco. Poi, come l’erba a primavera, – specie quando è l’amore finalmente a fare da innesco a questo processo di auto riappropriazione – l’intelligenza rispunta e reclama il suo spazio. Allora non ce n’è più per commedie o goffi tentativi di vestire abiti fuori taglia… Corrado Accordino adatta l’opera di Page e la mette in scena. Prodotto da Binario 7, ‘Come sono diventato stupido’ ha fatta tappa al Kismet per la stagione di teatri di Bari. Quattro interpreti (Viola Lucio, Marco Rizzo, Alessia Vicardi e lo stesso Accordino) danno vita ad un racconto piuttosto dinamico. La freschezza e la goffaggine di Antoine nell’adattarsi al prossimo sono ben riprodotte. Per sottolinearle gli altri personaggi sono chiamati agli straordinari in fatto di spunti comici, arguti, persino surreali, talora esagerando. Nel finale le cose migliorano : la scena d’amore è tanto ben fatta quanto credibile. Nell’insieme, uno spettacolo pieno d’entusiasmo, appassionato e fresco ai limiti della fiaba (nel quale estremo è riscontrabile l’unico neo dell’allestimento). Hanno collaborato a vario titolo Valentina Paiano, Maria Chiara Vitali e Stefano Capra. – Prossimo appuntamento stagionale, sabato 16 e domenica 17 febbraio con ‘La classe di Vincenzo Manna ; regia di Giuseppe Marini ; produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri. – Contemporaneamente al Nuovo Abeliano andrà in scena ‘Parenti serpenti’ di Carmine Amoroso ; regia di Luciano Melchionna : produzione Vesuvioteatro.
Italo Interesse
Pubblicato il 14 Febbraio 2019