Archeologia immersiva: i forzieri dello Jonio e dell’Adriatico
La nostra regione può vantare più d’un’area archeologica adagiata sul fondo del mare
E’ stato calcolato che ogni cento chilometri quadrati il Belpaese offre trentatré ragioni d’attrazione culturale tra monumenti, siti archeologici, musei, chiese, castelli, palazzi storici ed altre vestigia del passato. Complessivamente, disponiamo di circa centomila tesori, ma sappiamo proteggerli tutti da vandali, ladri, visitatori pressapochisti e turisti invadenti ? La risposta è no, anche per forza di cose. Si pensi alle aree archeologiche subacquee, che non possono essere recintate e che per loro natura si prestano solo a controlli episodici. La Puglia ne presenta quattro di particolare rilievo lungo la costa salentina. Al “Posto San Giovanni”, di fronte a Le Cesine, un’area naturale protetta situata nel territorio comunale di Vernole, a pochissima distanza dalla costa, sono stati individuati due allineamenti di blocchi rocciosi a forma di parallelepipedo che, larghi ciascuno otto metri, avanzano parallelamente per almeno novanta metri. E’ ciò che avanza di un molo romano ; lo si deduce anche dalla presenza di grossi parallelepipedi posizionati verticalmente con un lato sagomato a cilindro la cui funzione non poteva essere che di bitte, ovvero di strumenti di ancoraggio. Nello stesso sito, questa volta ad una distanza maggiore dal bagnasciuga (150 metri), giace la cosiddetta ‘Chiesa sommersa’ ; in realtà si tratta di una serie di ambienti probabilmente adibiti ad uso commerciale. Spostiamoci ora sullo Jonio : A San Pietro in Bevagna, una località balneare del tarantino, anche qui a poca distanza dalla riva, giacciono sul fondale le ‘Vasche dei Re’ : si tratta di sarcofaghi realizzati in marmo greco grezzo cristallino e trascinati a fondo dalla violenza del mare durante il trasporto verso Roma. Qualcosa del genere è pure nelle acque di Porto Cesareo, dove a scarsa profondità giacciono sette colonne di marmo pregiato e parzialmente rifinite, forse destinate ad un cantiere pubblico di grande prestigio del II/III sec. d.C. (secondo l’archeologo Ward Perkins quel marmo proveniva dalle cave di Katystos, nell’isola di Eubea). A un chilometro di distanza da quello che ora viene chiamato il sito ‘delle Colonne’ si estende il ‘Campo di Anfore Tripolitane’. Si tratta di ciò che resta del carico finito a fondo con la stessa imbarcazione (di cui non è rimasta traccia) a seguito dell’ennesimo naufragio ; particolare interessante, l’attuale disposizione delle anfore, contenenti ‘garum’ (pesce sotto sale) ed olio, è oggi il frutto del moto ondoso e del gioco delle correnti. In altre parole, la forza della natura ha voltato una disordinata distesa di cocci in una sorta di barriera ‘ceramica’ che fa da rifugio a molte creature del mare… Tutti patrimoni destinati per ragioni tecniche a non essere mai musealizzati e a restare in loco. Prenderne visione, appassionarvisi, è perciò cosa riservata agli appassionati dell’apnea o del prolungato nuoto subacqueo con l’ausilio di bombole, tant’è che a proposito di tale tipo di fruizione si parla di ‘passione archeologica immersiva’.
Italo Interesse
Pubblicato il 16 Gennaio 2025