Cultura e Spettacoli

Argante il finto tonto

Argante, il protagonista de ‘Il malato immaginario’, elevato nei manuali di medicina psicosomatica a esemplificazione dello stato ipocondriaco, in realtà fa lo scemo per non andare alla guerra. Per meglio dire, al più epidermico stato di coscienza si crede  effettivamente malato, ad uno stato di coscienza più profondo si finge malato. Argante è un debole, non uno stupido. Consapevole della propria debolezza, studia di difendersi dall’invadenza delle donne di casa : Belinda la moglie-virago, Tonina la serva petulante, Angelica la figlia piagnucolosa. Essendo furbo (e sottilmente maschilista), usa il dottor Purgone, pure a costo di fastidiosi clisteri e salate parcelle, per controllare fino a che punto si spinge il calcolo di Belinda, la fedeltà di Tonina e la sensibilità di Angelica. Avviato il gioco, lo conduce sino in fondo, portando pazienza anche davanti al consesso di finti dottoroni convocato dal fratello Beraldo che nel finale lo proclama medico. In un immaginario quarto atto possiamo immaginare Argante che annuncia la propria (auto)guarigione… Mentre per una curiosa coincidenza al Teatro Neri Parenti di Milano Andrée Ruth Shammah dirigeva Gioele Dix nei panni di Argante, anche a Bari al Granteatrino Casa di Pulcinella andava in scena ‘Il malato immaginario’. Questa volta nel ruolo del finto ipocondrico era Lino De Venuto, sotto la guida di Gianfranco Groccia. Un ‘malato’, quello ‘nostrano’, assai più aderente al testo di Molière che quello ‘milanese’. Groccia, il quale con rispetto adatta il testo aiutato da Giambattista De Luca, ammicca al presente nell’idea, crediamo, che l’industria farmacologica e la cattiva gestione della notizia stiano trasformando l’homo globalis in homo ipocondriaucus  (un po’ di latinorum ci sta sempre quando di mezzo sono Molière e scienza medica). Perciò spoglia i personaggi degli abiti seicenteschi e li riveste in stile contemporaneo, con la felice eccezione ‘clownesca’ del dottor Diaforetico e del figlio Tommaso. A parte questo e l’immergere l’azione dentro una sorta di limbo scenico un po’ asettico dove il bianco domina e dove l’unica macchia di colore è la poltrona-trono del grande infermo, Molière c’è tutto, e al sicuro da quegli infausti stravolgimenti che oggi fanno così tendenza. Molta cura viene posta alla gestualità, che trova enfasi in alcuni gustosi tableaux vivants posti a prologo ed epilogo della messinscena, forse a memoria dei movimenti coreutici che in origine intervallavano i tre atti della commedia. De Venuto-Argante convince e regala sorrisi in più quando mostra attenzione verso il sex appeal di moglie e serva. Intorno a lui si muove un cast composto dai generosi Giambattista De Luca, Maurizio De Vivo, Ornella Legrottaglie, Enrico Milanesi, Antonella Ranieri, Cristiana Ruggieri, Michele Scarafile , Anna Volpicella. Luci e fonica Nicola Santamato, trucco Giusy Laghetti , foto di scena Mario Vitale, scenotecnica Emanuele Hila, scene Gianfranco Groccia.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 24 Febbraio 2015

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