Arriva anche dalla Puglia (in ritardo) l’ok alla richiesta di referendum contro la legge Calderoli
Dopo due mesi il Consiglio regionale è riuscito a completare l'iter per presentare i quesiti alla Corte costituzionale
E’ arrivato anche dalla Puglia, seppure con due mesi di ritardo rispetto alle altre quattro Regioni governate dal centrosinistra (Campania, Emilia Romagna, Sardegna e Toscana), il via libera del Consiglio regionale alle due richieste di indire un referendum popolare (ai sensi dell’art. 75 della Costituzione) per abrogare totalmente e parzialmente la legge sull’autonomia differenziata, approvata a giugno scorso dal Parlamento. Infatti, ora, con la Puglia sono 5 le Regioni di centrosinistra che chiedono l’abrogazione della “legge Calderoli” attraverso un referendum popolare a cui la Corte costituzionale dovrebbe dare l’ok con l’ammissione dei quesiti proposti dalle 5 Regioni richiedenti. L’iter – come si ricorderà – è stato innescato dal “Sì” alla richiesta di referendum da parte del Consiglio regionale della Campania. Poi, è seguito il disco verde dei Consigli regionali di Emilia Romagna, Toscana e Sardegna e ieri è arrivato anche quello della Puglia, slittato di circa due mesi rispetto alle altre 4 Regioni per via di un errore formale commesso a luglio scorso, quando anche l’Assemblea regionale pugliese aveva già approvato la richiesta di referendum popolare, dimenticando però di designare i nomi dei delegati incaricati di depositare alla Consulta i quesiti referendari alla. Per questo motivo è stato poi necessario rifare l’iter nell’ Aula barese di via Gentile. Nella seduta di ieri, però, anche il Consiglio regionale della Puglia ha completato la procedura e con 30 voti favorevoli e 12 contrari ha deliberato la richiesta di indizione di referendum per l’abrogazione totale della legge, designando come consigliera delegata effettiva la pentastellata Grazia Di Bari, (24 voti su 38 votanti) e come supplente Paolo Campo del Pd (28 voti su 32 votanti).Con 29 voti favorevoli e 9 contrari è stata deliberata anche la richiesta di indizione di referendum popolare per l’abrogazione parziale della legge. Anche in questo caso, con la designazione a delegato effettivo del calendiano Sergio Clemente, eletto con 20 voti su 30 votanti e della delegata supplente Lucia Parchitelli del Pd, eletta con 17 voti su 30 votanti, è stata completata la procedura. Al termine della seduta dell’Assemblea regionale il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha dichiarato: “Come avevo promesso il Consiglio regionale ha votato sui due quesiti referendari contro l’autonomia differenziata di Calderoli”. Quesiti che – ha sottolineato Emiliano – “sono stati approvati con 30 voti di maggioranza, dimostrando forza, compattezza e soprattutto determinazione contro il disegno della Lega di spaccare l’Italia e di togliere poteri al Presidente della Repubblica attraverso l’elezione diretta del premier. Una consultazione referendaria che a questo punto le Regioni di centrosinistra del fronte progressista consentiranno di effettuare al più presto”. Quindi, ha concluso il governatore, “la Puglia è al fianco di chi in Italia combatte contro la legge Calderoli; la Puglia è stata anche la prima Regione a impugnarla davanti alla Corte Costituzionale nella convinzione che questa legge renda diseguali i cittadini delle regioni italiane”, perciò “siamo in campo e ci batteremo fino all’ultimo”. Inoltre Emiliano, dopo aver appreso che il Consiglio dei Ministri ha deliberato la determinazione d’intervento nei giudizi di legittimità costituzionale promossi dalle Regioni Puglia, Toscana, Campania e Sardegna avverso la legge 26 giugno 2024, n.
86, ossia quella sull’autonomia differenziata, ha commentato: “Non sono sorpreso, ma non mi pare un gesto di fiducia nei confronti anche della Corte costituzionale”, poiché – ha spiegato il governatore – “il Governo non dovrebbe essere controparte delle Regioni nella verifica di costituzionalità di una norma che è del Parlamento”. Peccato, però, che il presidente della Regione Puglia, lamentando la decisione del governo Meloni di costituirsi dinnanzi alla Corte costituzionale nei giudizi di legittimità della legge Calderoli, abbia dimenticato che la legge n.86 del 2024 è sì un atto del Parlamento, ma trattasi pur sempre di un provvedimento di iniziativa governativa. Quindi, verrebbe da chiedersi: “Cosa avrebbe dovuto fare il governo, secondo Emiliano, rimettersi semplicemente al giudizio della Consulta e quindi non difendere il proprio operato?”. Insomma, forse ci sarebbe forse dovuti meravigliare se il governo Meloni, nel caso in specie, non si fosse costituito davanti alla Corte costituzione, la cui decisione è, in effetti, un atto dovuto e di coerenza rispetto all’operato del governo. A commentare la richiesta di referendum abrogativo della “legge Calderoli” del Consiglio regionale è intervenuta anche la presidente dell’Assemblea pugliese, Loredana Capone (Pd), che ha dichiarato: “in Consiglio regionale abbiamo approvato i quesiti referendari per chiedere, insieme ad altre quattro regioni, il referendum abrogativo sull’autonomia differenziata di Calderoli. Con questa approvazione ci facciamo interpreti della richiesta di oltre 500mila cittadini e cittadine di poter decidere del futuro dei propri territori”. “Si tratta – ha aggiunto Capone – di una riforma che cambierà drasticamente la nostra quotidianità, la qualità dei servizi pubblici: dalla sanità alla scuola, compresi i trasporti. Non è solo il Sud che stiamo difendendo ma l’Italia unita”. “Per questo – ha concluso la Presidente d’Aula – non stiamo lasciando intentata nessuna strada per evitare che il Paese si spacchi in due, tra le regioni più ricche e quelle più povere, perdendo la forza che oggi ha come paese unito. Difendiamo i diritti che abbiamo conquistato con anni di lotta”. Sul tema ricordiamo anche che una richiesta di referendum abrogativo della legge n.86/2024 è stata effettuata appena un mese fa con una petizione popolare sottoscritta da oltre 500mila cittadini e le cui firme sono già state depositate in Cassazione per la convalida e la successiva dichiarazione di ammissibilità dei questi proposti. Per completezza di cronaca regionale riferiamo anche che per la quinta volta consecutiva la giunta Emiliano ha prorogato la permanenza in carica di un altro mese (fino al 15 ottobre p.v.) dei 12 capi di Dipartimento, il cui mandato triennale è – come è noto – scaduto lo scorso aprile. Le ragioni di questa ulteriore proroga – secondo alcuni bene informati – non sarebbero di natura tecnica ma esclusivamente politici, in quanto il gruppo di Azione, che lo scorso 7 maggio ha votato contro la mozione del centrodestra di sfiducia al governatore Emiliano, avendo ottenuto dal governatore rassicurazioni sulla richiesta di rotazione forzosa dei direttori di dipartimento. Rotazione che in realtà non è ancora avvenuta. Infatti, al riguardo l’intoppo maggiore – sempre secondo i bene informati – sarebbe rappresentato dalla rimozione da direttore del dipartimento Sanità in carica, Vito Montanaro, che per Emiliano sarebbe invece intoccabile. A seguire ci sarebbe anche la questione dei “5 Stelle” in procinto di rientrare in maggioranza con il riottenimento dell’assessorato al Welfare, lasciato – come è noto lo scorso aprile, quando sono uscite dalla maggioranza. Infatti, al ritorno in giunta dei pentastellati potrebbe essere legata anche la conferma dell’avvocato Valentina Romano a capo dipartimento dei Servizi sociali, che era stata scelta dall’ex assessora pentastellata Rosa Barone. Quindi, la nomina dei 12 nuovi direttori di dipartimento si presenta ancora alquanto complicata da attuare per Emiliano, che ancora una volta sulla questione ha deciso di non decidere, prendendo ancora un altro mese di tempo per sciogliere tutti i nodi ancora presenti per le nuove nomine ai vertici dei dipartimenti regionali.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 18 Settembre 2024