Arte cestaia, il prestigio smarrito
La cesteria, ovvero la produzione di cesti e altri oggetti ricavati intrecciando fibre vegetali è forma di artigianato remotissima (i cesti più antichi risultano essere quelli rinvenuti nel sito archeologico delle Navi di Pisa a San Rossore). Quest’arte ha sempre goduto di grande tradizione in Italia. Nella Puglia del primo Novecento, quando le zone umide erano la norma lungo la costa adriatica, con le erbe palustri si arrivava a fabbricare imbarcazioni, capanne e utensili. Le specie vegetali impiegate erano prevalentemente giunco e vimine, ma abbastanza bene rispondevano pure gli arbusti d’ulivo, del melograno e del gelso, purché levigati e ammorbiditi con prolungati bagni d’acqua calda. Oggi che la materia prima deve essere importata, quell’arte dell’intreccio sopravvive concentrata sulla produzione di cestini, sporte, canestri, scope, fondi di sedie, fasciature di fiaschi e damigiane, poltrone ed altri arredi e involucri per alimenti (si pensi alla fiscella della ricotta o alla nostra giuncata, il noto formaggio fresco di latte caprino o vaccino dalla caratteristica forma cilindrica o fusiforme che prende nome dalla ‘fuscera’ di giunco in cui viene inserita la cagliata). Al presente i maestri cestai pugliesi sono attivi solo in pochi comuni : San Severo, Cassano, Trani, Pezze di Greco, Castellaneta e soprattutto Acquarica del Capo. Nell’Ottocento le borse di giunco di Acquarica del Capo venivano vendute in ogni parte d’Italia. Alcune botteghe di quel paesetto del sud della Puglia evolsero in fabbrichette. Quella del signor Zonno, nella seconda metà dell’Ottocento, arrivò ad esportare i suoi prodotti anche all’estero, soprattutto in Inghilterra e in Svizzera. Alcuni studiosi locali ricordano che già nel 1873 i prodotti di giunco acquaricesi erano in mostra all’Esposizione Universale di Vienna. Abbiamo dunque un passato glorioso, tuttavia nessuno da noi ha mai pensato a raccogliere in esposizione permanente questi tesori. Altrove lo fanno. A Villanova di Bagnacavallo, nel ravennate, da più di vent’anni esiste un museo dell’arte cestaia che è unico al mondo e che raccoglie oltre duemila fra reperti originali e ricostruiti. Nello stesso comune romagnolo si tiene ogni anno la Sagra della Civiltà delle erbe palustri, affollato appuntamento durante il quale vengono rievocate le antiche tecniche dell’intreccio a croce, a stella e a rete. Occasione preziosa per apprezzare le tecniche della cesteria non solo locale, ma anche delle migliori scuole italiane : laziale, campana e siciliana. Quella pugliese è esclusa. Il perché va ricercato nel fatto che non abbiamo saputo/voluto proporci, forse immemori d’essere anche noi detentori d’un sapere artigianale di assoluto rispetto. Cerchiamo di ritrovare il prestigio smarrito.
Italo Interesse
Pubblicato il 4 Ottobre 2018