Assegnato con ritardo e con molti dubbi il “Lascito Garofalo”
Tanto tuonò che…il Comune di Bari ha finalmente assegnato in concessione a due soggetti privati il “Lascito Garofalo” di Palese. A darne notizia con un comunicato è lo stesso Comune di Bari attraverso la ripartizione Patrimonio che riporta anche una dichiarazione di entusiasmo del vicesindaco e assessore al ramo, Vincenzo Brandi, ma non priva di evidenti inesattezze, per chi conosce i tempi trascorsi per rendere fruibile da parte dei cittadini gli spazi e la struttura donata all’Amministrazione barese circa 16 anni or sono dal compianto pensatore e pseudo filosofo palesino Benedetto Garofalo. Infatti, sono trascorsi più di 15 anni e mezzo da quando, nell’autunno del 2000, il Comune di Bari ebbe notizia di essere beneficiario a Palese di alcuni beni dell’eredità Garofalo, tra cui un suolo ed un complesso immobiliare di via Indipendenza ed adiacente all’area della “Scuola elementare Duca D’Aosta”. Per la cronaca, ricordiamo pure che il defunto benefattore ha pure lasciato in eredità al Comune di Bari altri tre suoli, di cui due a destinazione agricola ed uno edificabile nella ‘zona Menhir’ di Palese, su cui l’Amministrazione dovrebbe, secondo la volontà testamentaria del donatore, realizzare una “Casa di riposo” intitolata alla madre di Garofalo, Anna Sardone. Volontà che, a tutt’oggi, il Comune non ha ancora rispettato, non avendo neppure avviato le procedure per realizzare detta struttura, nonostante siano passati oltre tre lustri dall’acquisizione dei beni dell’eredità Garofalo. Della stessa eredità, invece, resta ancora ignoto alla comunità cittadina l’utilizzo che il Comune di Bari ha fatto dei beni mobili, custoditi in una cassetta di sicurezza della locale agenzia di un noto istituto di credito barese. Beni, questi ultimi, il cui valore dovrebbe ammontare ad alcune miglia di Euro, considerato che trattasi di gioielli ed altri oggetti preziosi di particolare pregio. E, tornando alla recente ed entusiastica nota comunale che rende noti gli assegnatari del bando di concessione degli spazi del “Lascito Garofalo”, si apprende che i vincitori sono, per una parte degli spazi, l’associazione di volontariato “Telefono d’Argento”, che gestirà, per un canone di Euro 1.029 mensili comprensivo di Iva, lo spazio più ampio dell’intero complesso immobiliare Garofalo, composto da due locali di circa 130 metri quadri, all’interno del quale sorgerà una sala multimediale e una sala lettura e saranno organizzate attività sportive e rivolte alle persone anziani; e per la parte restante, di circa 60 metri quadri che sarà adibita a caffetteria con annessi servizi igienici e gazebo esterno, l’affidatario risultato vincitore (per altro unico partecipante al bando di gara) è il signor Alfonso Florio, noto imprenditore locale nel settore dei bar e ristorazione. Ma anche unica a partecipare alla gara è stata la onlus “Telefono d’Argento” che, guada caso, pare che abbia fatto pervenire la propria domanda con la relativa offerta di assegnazione proprio l’ultimo giorno utile per la presentazione. Particolare, questo, di certo irrilevante, ma che potrebbe facilmente far sorgere qualche dubbio, se si considera che la onlus “Telefono d’Argento” il cui presidente è un tal Michele Picciallo è – secondo qualche bene informato locale, un’associazione da sempre vicina all’ex consigliere comunale palesino di An, Giuseppe Varcaccio, noto alle cronache locali per lo scandalo dei test truccati alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bari e per la qual vicenda lo stesso Varcaccio risulta imputato e condannato in primo grado ad una pena di 18 mesi di carcere. Ma il particolare che ai fini della notizia potrebbe far sorgere qualche dubbio ai soliti malpensate è che l’ex consigliere Varcaccio alle ultime amministrative baresi del 2015 era dato politicamente assai vicino al partito in cui era candidato il vice sindaco Brandi, vale a dire Realtà Italia, partito per il quale – secondo attendibili voci locali – Varcaccio si sarebbe speso nella ricerca di consensi insieme al nutrito gruppo di seguaci a lui ancora vicini politicamente. Quindi, è solo un caso che l’unico “soggetto” a partecipare l’ultimo giorno utile e ad aggiudicarsi gli spazi del “Lascito Garofalo” sia stata proprio un’associazione vicina ad un ex esponente politico locale, dato come assai vicino al partito dell’ assessore al Patrimonio, nonché vice di Antonio Decaro e trapiantato palesino, Brandi? Forse sì. Ma sarà pure un’altrettanto fortuita circostanza il fatto che il vincitore, nonché unico partecipante alla gara per l’assegnazione del locale da destinare a bar, sia stato il titolare del bar di fronte al porto di Santo Spirito spesso frequentato dallo stesso Brandi ed in cui era solito incontrarsi con Varcaccio? Sicuramente sarà un caso anche questo. Tuttavia resta inconfutabilmente il fatto che il “Lascito Garofalo”, contrariamente a quanto sostenuto dal vice sindaco di Bari nella sua dichiarazione afferma “che così potrà tornare nella piena disponibilità dei cittadini”, perché in passato non è mai stato nella fruibilità della comunità, essendo stato di proprietà privata fino ad ottobre del 2000 e, poi, da quando è di proprietà pubblica è stato in condizioni di abbandono fino al 2012. Quindi, l’Amministrazione barese ha impiegato oltre due anni per la semplice ristrutturazione e quasi altrettanti per definire l’assegnazione degli spazi. E non è ancora finita, perché – come è noto a chi conosce bene i luoghi – ora necessita di altri piccoli interventi, perché da quando son finiti i lavori di sistemazione, detto immobile è stato più volte oggetto di atti vandalici e danneggiamenti, essendo stato lasciato incustodito ed essendo partita anche con notevole ritardo il procedimento di assegnazione della struttura da parte del Comune. Per cui – sostengono alcuni palesini che conoscono bene il luogo ed i tempi occorsi al Comune di Bari – ci sarebbe ben poco da essere “soddisfatti” (come afferma sempre lo stesso Brandi nella sua dichiarazione) per come sono andate le cose nella vicenda che ha interessato a Palese tale immobile comunale. A meno che il vice sindaco Brandi, in tale vicenda, non abbia personalmente altro di che gioire.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 10 Marzo 2016