Cultura e Spettacoli

Astuzia d’un capocomico

Il capocomico Oreste Campese, avendo perduto in un incendio il baraccone dove lavora ma avendo per fortuna trovato ospitalità presso il Teatro Comunale, chiede al neo insediato Prefetto De Caro di poter annunciare  in cartellone la presenza di Sua Eccellenza. L’alto rappresentante dello Stato, però, non ci sta a fare da specchietto per le allodole e caccia Campese. Questo l’incipit di ‘L’arte della commedia’ di Eduardo, un testo che nell’ultimo fine settimana, e per la regia di Michele Sinisi, è andato in scena al Nuovo Abeliano in chiusura della rassegna Actor. L’allestimento di un qualunque lavoro di Eduardo affidato ad altri che non a Luca De Filippo fa sempre sensazione. Se Sinisi è riuscito a strappare tanta concessione lo si deve a un episodio che merita l’apertura di una breve parentesi :  Nel novembre del 2010 Sinisi e compagni erano a Roma per rappresentare ‘Scarpe’, un testo di Michele Santeramo.  La notte precedente il debutto, i soliti galantuomini portarono via il furgone con scene, costumi e oggetti. Sconfortato, ma non arreso, Sinisi si fece venire un’idea : Poiché nel cassetto dei sogni aveva l’allestimento di ‘L’arte della commedia’, scrisse a Luca De Filippo. Gli si rivolse dandogli del ‘Prefetto’ De Filippo. Dopo aver spiegato la faccenda del camion e della prima andata in fumo, avanzò l’audace richiesta. Chiuse la lettera firmandosi : Sinisi Campese. Ebbene, toccato, il figlio del Maestro, acconsentì (e, dice Sinisi, da quel giorno ha cominciato a beneficiare allo stesso modo anche altri teatranti). Venendo a questo allestimento, Sinisi, coadiuvato da Michele Santeramo, racchiude l’azione in uno spazio trapezoidale dove, tra efficaci accenni scenografici di porte e finestre, domina un bianco sporco. All’interno di questa trentina di metri quadri, che un po’ soffocano e un altro poco inquietano, si sviluppa un’azione dai tempi giusti. La regia fugge ogni accademismo a favore di una rappresentazione molto concreta, quasi d’istinto. Il che è piuttosto  evidente nella prima parte e relativamente al personaggio di Campese, che Sinisi interpreta senza guardarsi allo specchio. Al più, se si specchia, ha presente il personale e sofferto riflesso di uomo di palcoscenico. Così, voltando a proprio vantaggio la scabra cifra di teatrante che lo connota, si cuce addosso panni ben tagliati. In questo modo, senza lasciarsi condizionare dal pesantissimo imprinting che le interpretazioni di Eduardo hanno avuto sui suoi stessi lavori (e coll’indiretto risultato di scoraggiare molti), diventa un  Campese efficacemente brusco e ruvido. Un osso davvero duro per De Caro, proprio perché sotto i modi spicci – e contrari al senso dello spettacolo che tanti attori amano portarsi dietro anche quando hanno appeso in camerino gli abiti di scena – vibra intatta l’astuzia ‘anti filosofica’ con cui il capocomico difende la propria libertà di pensiero. Attingendo qualcosa dal faticoso vissuto della categoria di (non riconosciuti) lavoratori che egli rappresenta, Sinisi mette in evidenza l’inattesa capacità precognitiva che Eduardo manifesta in questi due atti. Perché ‘L’arte della commedia’ è opera del 1964, anni in cui ancora la gente affollava i teatri e in palcoscenico si vedevano folle di star, comprimari, caratteristi, comparse, sarte, guardarobiere, siparisti… (guarda mò).  Con cinquant’anni d’anticipo Eduardo aveva fiutato la tragedia in atto : la morte dell’arte scenica sotto i colpi di pala non tanto della tv, cui ora s’aggiunge la Rete, quanto del calcolo di potenti meschini e miopi, ipocriti e irresponsabili. Da questo punto di vista ‘L’arte della commedia’ è salutare spunto di riflessione, è nobile manifesto di ribellione. A fare degnissima cornice a Sinisi sono Michele Altamura, Vittorio Continelli, Nicola Conversano, Simonetta Damato, Nicola Di Chio, Gianluca delle Fontane, Patrizia Labianca e Riccardo Lanzarone. Scene e luci : Michelangelo Campanale.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Aprile 2013

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