Barboni e Borbone, la Bari ferdinandea
Il centocinquantenario sta condizionando l’offerta teatrale. Mentre autori risorgimentali vengono rispolverati, altre cose vengono camuffate, voltate, rivisitate nell’idea – affatto peregrina visti i risultati – di una maggiore visibilità. Spazio maggiore hanno le (recentissime) opere di ‘circostanza’. Vengono poi quei lavori che, pur non trattando nello specifico il tema dell’Unità d’Italia, lo sfiorano avendo per oggetto contingenze storiche di portata locale. E’ il caso di “Re Borbone e i tre barboni”, un testo – inedito e pensato per la radio – di Vito Maurogiovanni che risale agli anni sessanta e che l’Abeliano, col sostegno del Comune di Bari e della BNL, per la prima volta ha messo in scena ieri al Piccinni. Un testo che, come tutti i lavori del commediografo barese, procede rigidamente per quadri, tenuti assieme da un esile filo conduttore e colorati da una comicità leggera, garbata, mai volgare. Un pazzariello-cantastorie (Mostaccione, il solito splendido Paolo Panaro) fa da cornice al racconto, frammentato, di quella volta che il morente Ferdinando II venne a Bari per le nozze del figlio Francesco II con Maria Sofia. Grosso modo tutto verte intorno ai lamenti di un monarca pittoresco e lagnoso (bravo, Alfredo Vasco, cui fa da spalla un’inappuntabile Tina Tempesta nei panni della regina Maria Teresa) e alle miserie di tre straccioni postulanti (notevole anche l’apporto di Antonella Genga, Enzo Sarcina e Franco Blasi). Nell’adattamento di Vito Signorile i relativi siparietti, ora indipendenti, ora congiunti, recano in embrione il colore della fine (nel languire di Ferdinando II non è forse leggibile la premonizione del tonfo, prossimo ed epocale, di una casa reale storicamente superata e riottosa ad adeguarsi ai tempi?). Degni di nota anche il cameo del glorioso Mario Mancini nei panni di un cerimonioso Consigliere di corte, il contributo di Pino Di Modugno, Gianni Giannotti e Sergio Lella (musici popolani) e il lavoro di Tommaso Lagattolla (scene e costumi). Infine, il concorso prezioso di Nicola Di Meo nella funzione di video-editor. Vincente questa idea del velario su cui cangianti proiezioni disegnano bene ambienti ed atmosfere ed oltre il quale , leggermente appannati, i personaggi – con effetto suggestivo – sembrano come venir fuori da un sogno. Con grande mestiere Signorile aggira i limiti del testo e ne esalta i punti del forza giungendo a confezionare un prodotto gradevole. Eccellente la risposta della platea. Abbiamo assistito all’anteprima per studenti di mercoledì sera. Ebbene, possiamo testimoniare che per un’ora centinaia di ragazzi sono stati attenti, partecipi e corretti (non uno squillo di cellulare) ; con un lavoro meno che buono non avrebbero avuto pietà. E al momento della conclusiva esecuzione dell’inno di Novaro/Mameli nessuno è rimasto seduto. Si avrà un bel dare del viziato, del cinico e dell’infingardo al popolo giovanile, ma potranno questi ragazzi fare peggio un domani di quel che stanno combinando vecchiacci senza saggezza, impuniti e patetici?
italointeresse@alice.it
Pubblicato il 7 Maggio 2011