Bari 2025, ricchezza immutata
Fondato nel 1990, il McKinsey Global Institute è uno dei più importanti organismi di ricerca economica. Fornisce ai leader d’impresa tutte le indicazioni necessarie a prendere le decisioni corrette sia sotto il profilo manageriale che socio-economico. Di tanto in tanto, invece che su ordinazione, lavora a titolo personale offrendone i frutti a chiunque. Qualche giorno fa, per esempio, ha pubblicato gli esiti di uno studio che considera la crescita economica e l’evoluzione demografica in duemila città del mondo a partire dal 2007. Poiché questi signori non temono le teorie catastrofiste e non sono a corto di fantasia, hanno avuto il coraggio di spingere le loro proiezioni al 2025. Siccome lo studio in questione considera anche 23 città italiane, ecco che, se nel 2007 la ricchezza di Bari era valutata in 8 miliardi di dollari, essa dovrebbe restare invariata nel 2025 insieme alla posizione in classifica (quattordicesimo posto). Chissà su quali basi questi signori hanno fondato le loro teorie. Riesce difficile in un mondo via via più mutevole immaginare una Bari al palo per diciotto anni di seguito. Parlassimo di Carlantino, Deliceto o altri piccoli centri del sub Appennino Dauno, la previsione potrebbe anche essere degna di considerazione, ma Bari?… Il famoso Corridoio 8 è lettera morta da quindici anni, da mezzo secolo si parla di interrare la ferrovia o spostarla, così come si attende la tempo il riconoscimento dell’area metropolitana… Entro il 2025 i baresi non saranno testimoni di alcuna delle suddette novità? Chi negli anni sessanta avesse sentito parlare di Giochi del Mediterraneo, di metropolitana di superficie e di pista aeroportuale allungata a tre chilometri per ospitare i grandi jet avrebbe scosso la testa. E ancora negli stessi anni sarebbe stato preso per visionario il profeta di una Bari multietnica e porta d’Oriente. Certo, non è detto che il capoluogo pugliese debba prosperare ad libitum, può essere che la novità federalista ci ridimensioni e segni l’inizio del declino. Ma già l’idea di un regresso ci pare più credibile di una duratura stagnazione. A meno che il McKinsey Global Institute non abbia considerato per i prossimi 14 anni (e la cosa sarebbe già in atto dal 2007) una serie di fluttazioni al termine della quali Bari si ritroverebbe al punto di partenza. Ovvero, passettini avanti e indietro, né più e né meno che un giocatore di poker o di borsa che al termine di un certo numero di ‘mani’ o ‘operazioni’ si ritrovi in pareggio. Guardando la storia di casa nostra bisogna retrocedere ai giorni della dominazione spagnola per trovare una Bari dimessa e stagnante. E’ da quando Murat posò quella famosa prima pietra della città nuova che Bari progredisce, pur in mezzo a cento contraddizioni. Ci torna dura immaginare il capoluogo pugliese in controtendenza con sé stesso.
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Pubblicato il 29 Marzo 2011