Cronaca

Bari città “razzista”, ma gli immigrati quanta voglia hanno di integrarsi?

 

 

Pochi giorni fa, un esponente della CGIL barese – Yvan Sagnet – immigrato e residente a Bari da qualche tempo, ha affidato il suo sfogo alle pagine del Corriere del Mezzogiorno, definendo Bari una città razzista. Se non si trattasse di una persona con un alto livello culturale, impegnato da sempre nella lotta al caporalato nelle campagne pugliesi e nello studio sulle differenze del fenomeno immigratorio ed emigratorio dal secolo scorso ai giorni nostri, sarebbe più facile confutarne le tesi senza necessariamente evitare di incappare nella banale retorica di chi, essendo nato e vissuto qui, vuole difendere a spada tratta questa città senza se e senza ma (nonostante le tante problematiche che la caratterizzano), ma questo incoraggerebbe i lettori a credere che i baresi siano davvero in maggioranza ‘delinquenti’ e ‘razzisti’ (per quanto quest’ultimo termine sia ormai inflazionato da una certa parte politica che lo utilizza impropriamente contro chiunque osi pensare che il multiculturalismo senza regole e frontiere sia il fallimento dell’umanità e corrisponda all’annientamento della cultura dei popoli stessi). Invece occorre confutare in maniera quasi scientifica alcune tesi che non trovano affatto riscontro con l’oneroso impegno di risorse che l’amministrazione comunale mette a disposizione per favorire l’integrazione quando si tratta di extracomunitari. Dall’analisi del sindacalista emerge che in alcuni quartieri come Japigia, Libertà, Carrassi e Madonnella dove si concentra una grossa fetta della cittadinanza meno abbiente, si verificano maggiori episodi di razzismo legati soprattutto al fenomeno della criminalità organizzata. Non è un mistero però che oltre il 60% della popolazione carceraria in Puglia sia formata proprio da extracomunitari. Quindi è quanto meno fantascientifico pensare che la malavita barese uccida un uomo solo per ragioni razziali e non perché magari quest’ultimo sia implicato nel malaffare o abbia precedenti per spaccio e altri reati assimilabili. Prosegue poi nel suo racconto giustificando il razzismo non come un fatto criminale in sé ma come piuttosto un fenomeno culturale: sostiene, infatti, che i baresi sono razzisti per la scarsa conoscenza degli stranieri, considerati quindi “diversi” nonostante la storia insegna che la Puglia è una delle regioni italiane che, nel secolo scorso, ha visto emigrare più gente verso il nord o verso altri paesi del mondo. Innanzitutto, c’è da ricordare che quello che i nostri nonni o bisnonni, hanno dovuto sopportare una volta partiti per l’America come lustrascarpe,  per lavorare in qualche miniera di carbone o in una fabbrica senza orari di lavoro, sottopagati e alloggiati in “cattività” nelle baracche di fortuna, è ben lontano dal trattamento che noi oggi riserviamo a tutti gli pseudo “richiedenti asilo” che nel 90% dei casi si rivelano invece clandestini senza i requisiti né per l’asilo politico nè per il permesso di soggiorno. Lo Stato italiano e la città di Bari in questo caso, accolgono questi migranti in alberghi con il wi-fi, li sostentano con colazione, pranzo e cena, alla faccia dei cittadini baresi che per pagare le onerose tasse (parte delle quali servono a mantenere anche questi signori) si ritrovano alla caritas perché non possono permettersi tre pasti al giorno. Per non parlare dell’assistenza sanitaria gratuita (a fronte dei ticket da 10 e 2 Euro pagati invece dai cittadini baresi per le visite mediche ed i medicinali), del servizio messo a disposizione dal comune di Bari (primo in Italia) proposto dall’Assessorato al Welfare per la disponibilità ad accogliere famiglie di migranti presso le abitazioni private dei cittadini baresi, lo sportello informativo del Comune di Bari per i servizi di formazione, accoglienza, tutela ed inserimento sociale per gli stranieri che non hanno ancora la residenza o la cittadinanza, la precedenza nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari, la precedenza negli asili nido comunali, le tante (troppe) manifestazioni a favore dell’immigrazione e dell’accoglienza forzata organizzate dal Sindaco di Bari -Antonio Decaro- che, al seguito di un nutrito gruppo di cittadini baresi, ha marciato scalzo per le vie della città in solidarietà a chi ha ancora il coraggio di definire Bari una città “razzista”. Probabilmente può essere definita tale verso i propri cittadini che non beneficiano sicuramente di tutti i servizi pubblici destinati agli extracomunitari. Infine, vengono citati  i mezzi di trasporto pubblici nel quale questo presunto razzismo arriva ai massimi livelli: però non si spiega come mai il Comune sempre a spese di questi baresi <> – sostiene Sagnet- ha messo a disposizione un grosso autobus per trasportare gratuitamente i migranti dal Cara di Palese fino al centro città (più volte al giorno), oltre al fatto che la maggior parte delle multe sui mezzi pubblici vengono emesse proprio a carico di questi signori che si rifiutano di pagare il biglietto come invece, di regola, fanno gli altri cittadini e nonostante questo, il più delle volte con spavalderia, aggrediscono il controllore di turno che si è permesso di ammonirli secondo la legge prevista dallo Stato italiano. Il vero problema a Bari, cosi come nel resto dell’Italia e dell’Europa (Parigi insegna), è la poca voglia da parte di questi migranti di integrarsi e di adattarsi alla nostra cultura, alle nostre leggi e al nostro stile di vita. Il Coordinatore regionale di Noi con Salvini – Rossano Sasso – ha risposto a chi ha accusato la nostra città di “razzismo” ricordando che: <>.

                                                                                                                                                                             Maria Giovanna Depalma     

 


Pubblicato il 11 Dicembre 2015

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