Bari e il Guiscardo, l’epico assedio
Guglielmo di Puglia è stato un cronista attivo a cavallo tra la fine del secolo XI e l’inizio del secolo XII, noto come autore dei ‘Gesta Roberti Wiscardi’, una storia dei Normanni in Italia meridionale, dal loro arrivo, posta nel 1016, alla morte di Roberto il Guiscardo, avvenuta nel 1085. L’opera, scritta in esametri, composta in cinque libri e conclusa forse tra il 1095 e il 1099 è dedicata al figlio del Guiscardo Ruggero Borsa. Le gesta raccontate da Guglielmo fanno apparire la vicenda del Guiscardo come la naturale prosecuzione della secolare lotta per il controllo dell’Italia meridionale condotta dai Longobardi, qui visti come i legittimi signori del Mezzogiorno, contrapposti ai Greci (signori dispotici ed “effeminati”). In sostanza Guglielmo cerca di giustificare la conquista del Mezzogiorno da parte dei Normanni, raffigurando questi ultimi come continuatori della funzione storica che prima, nella sua visione, era stata dei Longobardi : liberare il territorio dai Greci unificandolo sotto un unico dominio. Uno dei momenti più intensi dell’epopea del Guiscardo fu la conquista di Bari, che avvene al termine di un assedio durato quattro anni. Perché tanta ostinazione del normanno? La spiegazione è in alcuni versi dell’opera suddetta : “Alcuna pugliese urbe non era che valesse / in opulenza Bari : e questa, ricca / di beni, questa, di vigor ripiena / ei stringe…”. Dinanzi alla resistenza opposta dalla città Roberto comanda un tregua e “ingiunge gli si dian le case / d’Argiro, che vedea sulle vicine / sorger più eccelse : se ottenute a quelle / salisse, tutta la città Roberto / spera di comandar”. Ma quando i baresi danno “grave al duce risposta”, la furia del normanno si scatena : “Veemente egli investe / di lei che gli s’oppone / i gagliardi natii non pigri all’armi”. I Normanni provano a sfondare : “Presso l’entrata delle porte un tetto / di graticci con cauta opera dispone / e sotto armati v’ordina che insidie / tendano ai resistenti” (molto probabilmente qui si fa riferimento all’uso dell’ariete, che i soldati manovravano protetti da una capannina, ovvero i ‘graticci’ di cui parla Guglielmo). Ciò non bastando, il Guiscardo “ una torre / architetta di legno, che alle mura / sovrasti”. La costruzione funge da ‘centrale di tiro’, giacché “ponsi d’ogni parte macchine / da scagliar pietre”. Ma la resistenza dei baresi deve essere davvero disperata se il condottiero normanno “un ordigno aggiungevi / di novello artifizio, atto a scoscendere le muraglie” (un mega ariete?). L’arma segreta sembra fare il suo effetto. I baresi allora tentano il tutto per tutto con una sortita : “Né meno arditi ed alacri / i cittadini la città difendono / non chiusi entro la cinta, ma dinanzi / alle mura tenendosi fan fronte”. L’estremo tentativo non salva Bari. Il 15 aprile 1071 il Guiscardo e i suoi uomini fanno ingresso nella città. Bari è alla sua mercé. Per fortuna il conquistatore si contenta di devastare i simboli bizantini a cominciare dal palazzo del Catapano. Su quelle rovine di lì a poco sorgerà la Basilica di San Nicola.
Italo Interesse
Pubblicato il 27 Giugno 2018