Cultura e Spettacoli

Berlusconi il “rieccolo” della seconda Repubblica ?

E della prima chi fu ? Lo Dico per i giovanetti, nell’aleatoria presunzione di un loro interesse, i quali, per la più parte, ignorano che la nostra, diciamo, civile convivenza abbia la “forma costituzionale” di una repubblica e le motivazioni politiche del transito dalla prima alla seconda repubblica, ammesso che qualcosa sia cambiato dall’una all’altra e che, invece, non sia stata confermata la maledizione di Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Ebbene, il “rieccolo” della prima repubblica fu un politicante, un economisticante, uno storicicante aretino, nato a pieve santo stefano nel 1908 e morto a roma nel 1999. Si chiamava fanfani Amintore, presidente del senato, 5 volte presidente del consiglio dei ministri, segretario della d.c., più volte ministro, oltre a intrigarsi su scranni internazionali di prestigio. Nel VII gabinetto de gasperi ministro dell’agricoltura e foreste, il gerarca d.c. promosse una fallimentare riforma agraria, facendo requisire, ad esempio, petraie murgiane ai ”fottutissimi” latifondisti e ai grandissimi agrari che, pur, non essendo ciascuno di essi un “trimalchione” (non usciva mai dalle sue proprietà se da roma s’incamminava per la sicilia) del ”Satyricon” di Petronio Arbitro, accanto a terreni di lieta coltivabilità con paghe da fame ai braccianti agricoli, possedevano vastissime estensioni di terra, a bella posta, incolte, anche per praticare o sfogare in essi o per essi la passione, tipica dei parassiti, della caccia. Di queste non vangate  proprietà dei latifondisti fanfani fece operare il frazionamento e su ciascuna delle frazioni fece costruire case coloniche che gli sfortunati braccianti, subito, abbandonarono all’unisono con la terra loro assegnata, in quanto le case erano “positae”, quasi, nel deserto: da esse, difficilmente, si potevano, per penuria di strade e di mezzi di collegamento, raggiungere centri abitati per il rifornimento di cibo e di quanto potesse occorrere alla conduzione di aziende agricole, sia pure, di piccole dimensioni; le frazioni di terra incoltivabili. A meno che fanfani non avesse dato agli assegnatari della sua riforma i dollari che gli ebrei degli “states” diedero ai loro “confratelli” per trasformare il deserto nel giardino su cui è stato costruito lo “stato cuscinetto” d’israele, restringendo i millenari Abitanti della Palestina nella “Striscia di Gaza”, come gli indiani nelle riserve dai compari (inglesi, francesi, irlandesi, ecc. , ecc.)”ante litteram” degli attuali pronepoti di gesù. Ma come si conviene ad ogni ducetto, fanfani fu fatto fesso da suoi servi corrotti, quanto mussolini dai suoi accoliti. Infatti, a mussolini, in visita, in buona sostanza, ispettiva, facevano vedere i medesimi aerei, pellegrinanti da un aeroporto all’altro, a fanfani, in giro per informarsi dei risultati della sua riforma, facevano vedere le medesime vacche trasportate da un centro, previsto dalla riforma, di coordinamento agricolo ad un altro. “Brevilineo” si autodefiniva! Per ovviare alla sua “brevilinearità”, indossava cappelli e, d’estate, pagliette dal “torrino” di consistente altezza, sì che i suoi collaboratori, diciamo, quando da lontano vedevano apparire un “borsalino” e, poi, niente altro, capivano che il loro capo stava arrivando e, psicologicamente, si preparavano ad essere, quotidianamente, strapazzati dai suoi modi bruschi di “approcciarsi” (va di moda, oggi, codesto verbo melenso) al prossimo. Fanfani non aveva compiacenza verso amici, né verso nemici; temutissimi erano i suoi “motti”, da toscano dispettoso, nei riguardi di chi lo infastidiva, criticandolo, o di chi si metteva contro la sua presunta carismatica volontà. Onesto, forse, per essere un democattolico “doc”, “sed”, pugnacemente, autoritario (don strurzo, il fondatore del partito popolare, lo tacciava di autoritarismo e l’aretino, per pronta la risposta, protestava che, per essere un prete, don strurzo non poteva essere, contemporaneamente, un diffamatore), come il suo “pigmalione”, quel padre gemelli, fondatore dell’ “università cattolica”, che lo lanciò nel suo feudo di studi superiori, quale docente di discipline giuridiche ed economiche. “Padre – padrone”, in privato, nel partito, nel governo, aveva più nemici che amici, specie nel suo partito e memorabile fu una scheda introdotta in un’urna della camera dei deputati, quando fanfani si candidò, senza successo, per l’ennesima volta al “quirinale”: ”Nano maledetto, non sarai mai eletto!”. Indro montanelli, toscano, come il nostro (si fa per dire!), “rieccolo” sul suo “Giornale” stigmatizzava fanfani, quando il democattolico  riconquistava, dopo essersi, più volte, inabissato nella polvere, gli onori degli altari e gli oneri, non masochisticamente, sopportati, di importanti incarichi politici. Molte affinità legano, pertanto, fanfani e berlusconi, più che le ”dismogeneità” apparenti. Prima di tutto, la non l’altezza d’ingegno, data la banalità, l’ovvietà delle loro opinioni e del loro discorrere, “secondo poi”, direbbero a roma, la statura a pelo d’acqua di entrambi, per la quale grillo s’è, ognora, beato di etichettare “nano” il berluska. Anche il berluska, come fanfani, ha escogitato, escogita stratagemmi per essere, passabilmente, più vicino al cielo: nelle fotografie ufficiali con altri capi di stato o di governo, berluska si proponeva, almeno, dieci gradini più su degli altri, posizionando indice e mignolo a mo’ di corna; faceva,  fa apporre alle scarpe, che indossava, indossa insoliti tacchi, si che i suoi collaboratori, diciamo, abituati a tenere la testa china davanti a lui, postura, a dire il vero, non, espressamente, loro richiesta da lui, quando da lontano vedevano, vedono apparire scarpe montate su “collinari” tacchi, capivano, capiscono che all’interno di quelle “babbucce” c’era, c’è tutto il o l’ex cavaliere e si preparavano, si preparano a sorbirsi la barzelletta quotidiana che egli mandava, manda a memoria durante le notti in cui nella villa di arcore non c’erano, più non ci sono “feste eleganti” o non  si ospitavano, più non si ospitano “salotti letterari” per discutere dei “Libri” che la “Mondadori” avrebbe editato. Padre – padrone berlusconi è stato, è del suoi partiti (forza italia, pdl, forza italia, nuovamente), fondati, esclusivamente, per salvaguardare i suoi interessi di imprenditore, diciamo; per creare movimenti politici di forte pressione sulla magistratura che, da quando berlusconi s’è tuffato in politica, cioè dal 1994, s’è trovata, per caso, per pura coincidenza di tempi, e, perché no, a volte o più volte, rappresentata da magistrati, ideologicamente, ostili al berluska, a dover concludere indagini su di lui da molti anni in cantiere. Per questo montanelli, che s’era occupato di fanfani con toni, ironicamente, corrosivi, salutandolo, Ripeto, “rieccolo”, avendo i sensi, perfettamente, oleati, l’udito e la vista, specialmente, aveva scongiurato berluska di non “bere il calice amaro” dell’ingresso in politica ché le sue marachelle (e, certamente, ne aveva il magnate di arcore nei suoi capaci armadi!) sarebbero divenute pubbliche per via dei processi a cui egli sarebbe stato sottoposto. Ma le marachelle, magistrati “comunisti” quanto e quando si volesse e si voglia, c’erano e ci sono! Avesse fatto, come gli agnelli, sin dal fondatore della dinastia, i “poppanti” dell’erario italiettino, ma in sordina, defilati, berlusconi, in questa italietta, sarebbe stato l’eterno indagato, avrebbe fatto lavorare i giudici, per istruire casi giuridici di scuola, ma, giammai, sarebbe arrivato a condanne definitive, o a severe condanne parziali, o a umilianti assoluzioni per prescrizione dei reati. Non erano, forse, impossibilitati nell’antica roma tutti gli infognati nell’oligarchia egemone a scagliare la prima pietra ? Era, forse, più candido cicerone di catilina e di verre per sostenere l’accusa contro i due ? Di qualcosa i due potevano essere rimproverati e li si rimproverò, cogliendo, magari, momenti, politicamente, opportuni, per “uccellarli”. Mèntore cicerone, uccellato, a sua volta, dai sicari di antonio che, a sua volta, gli rimproverava marachelle commesse dall’insigne “moralista”, spesso occupato nella difesa di ladroni, grassatori, contro la sua parte. Tanto ci hanno insegnato, mostrato i nostri antichi progenitori! Padre – padrone, ho Detto, berlusconi non solo nel suo partito, “sed etiam” nei governi, da lui presieduti, sì che essi lavoravano, freneticamente, solo se fosse stata calendarizzata l’approvazione delle cosiddette “leggi ad personam” e la ”maschera” da favorire, il personaggio portatore delle richieste di cassare le sue “marachelle”, legalmente, era solo e sempre lui. Padre – Padrone, non dalla “malacera o malacreanza” di un “dobermann”, come quella di fanfani, sebbene dall’aspetto gioviale, sorridente, magari, o ridente, ma, ferocemente, decisivo nel caso qualche suo suddito si fosse azzardato o si azzardasse a mettergli il bastone tra i suoi, ormai, si presume, flaccidi maroni. Da un po’ di tempo, da quando la cassazione ha reso definitiva la condanna per frode fiscale, sì che, per la “legge severino”, è scattata la decadenza da senatore e, quindi, la privazione dello scudo dell’immunità che il seggio senatoriale gli assicurava, tanto che, se fosse stata ribadita in appello la condanna a 7 anni e la perpetua esclusione dai pubblici uffici subìta nel primo grado del “processo ruby”, gli indulti e le sospensioni, eventuali, di pene pregresse, sarebbero stati cacciati dal suo casellario giudiziario, come in economia la moneta buona caccia quella cattiva, berlusconi  era alle pezze e con lui il suo partito. Di entrambi i collassi sono prova le recenti elezioni europee in cui forza italia, al netto degli alfaniani e dei superstiti di alleanza nazionale, ha perso milioni di voti. Ma è bastata la recente sentenza della corte di appello di milano che ha assolto berlusconi da tutti i reati a lui contestati nel “processo ruby”, ché le minacce degli aspiranti a sostituire il capo, sottraendogli il trono dal “lato b”, sono tutte rientrate o stanno, sommessamente, rientrando e, perfino, gli alfaniani stanno considerando la possibilità di una nuova unità, coesione tra i moderati, “mutatis mutantis”, stanno vagliando l’opportunità di chiedere perdono a berlusconi di avergli disubbidito, di essere stati così arroganti da avere, semplicemente, immaginato di poterlo surrogare, come lucifero e gli angeli a lui fedeli avevano sperato di soppiantare, addirittura,  dio, al quale berlusconi, non rare volte, s’è detto somigliante o da esso unto. E sì, ché, come ebbe il presidente del “biscione” a dire: “I leader li crea il popolo”; IO Aggiungo, ma li distrugge, se il popolo è “bue”. Berlusconi stava per essere distrutto, politicamente, da quel popolo che per tanti anni lo aveva osannato, innalzato all’ara del potere, ché di dominio pubblico era diventata la storiella che fosse un marito infedele e che nelle sue numerose magioni non sempre si recitava il rosario, anche se molte sue invitate, a cui egli elargiva tanti “sghei”, dopo tutto suoi, generoso di carattere, si vestivano da suorine, per dare una patina di religiosa spiritualità ai “casti convivi” del padrone di casa. Ma codesti sono pettegolezzi  che il popolo “bue” non avrebbe, giammai, dovuto usare come mannaia per stroncare l’azione di un politico, precedentemente, santificato. Semmai, il popolo “bue” nel decidere la sorte del berluska, razionalmente, avrebbe  dovuto riflettere su quali e quante responsabilità erano e sono da imputare a lui per lo sconquasso politico, economico, culturale, etico del paese nel lungo periodo di tempo in cui, quale presidente del consiglio, quale capo di un partito all’opposizione di impotenti governi di centrosinistra o di sostenitore esterno di altri governi, berlusconi ha gestito il potere o ne ha, in ogni caso, gustato la vicinanza.  Inoltre, quando berlusconi è “sceso in campo” politico, il popolo “bue” avrebbe dovuto chiedersi se potesse essere affidabile, degno di fiducia (invece, di gettarsi, letteralmente, tra le di lui grinfie) uno sconosciuto che, dal fare il giullare con paolo villaggio dei croceristi, si trovava ad essere, impunemente, uno degli uomini più ricchi del mondo. Ancora, il popolo “bue” avrebbe dovuto chiedersi: ”Tutto a posto nelle licenze edilizie per la costruzione, cementificante ciò che rimaneva di verde nel territorio di milano, di “milano due, tre, ecc., ecc. ?”. Poiché il berluska è stato assolto, ché non sussistono, i reati (concussione, prostituzione minorile) per i quali il popolo ”bue” lo stava, simbolicamente, appendendo a “piazzale loreto”, siamo, dolorosamente, sicuri che, fra non molto, saremo costretti ad esclamare, nel rivederlo, politicamente, in auge, come montanelli  nel rivedere fanfani, politicamente, in auge: ”rieccolo!”.

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it     


Pubblicato il 22 Luglio 2014

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