Cultura e Spettacoli

Bona Sforza, protettrice dei feudi minori

“Bona Sforza  tra storia e novella” è il titolo di un volume di  Dibenedetto, Agnusdei e Ventriglia, edito da Adda col contributo del Comune di Capurso, che illustra la complessa vicenda della grande Duchessa di Bari e regina di Polonia. Un capitolo si occupa dell’interesse della figlia di Isabella d’Aragona per i feudi minori. Modugno era uno di questi. Bona, che era sempre dalla parte dei più deboli, a Modugno oltre a far erigere l’ospedale dei poveri e autorizzare la costruzione di un pozzo (che, profondo sessanta metri, cavò un’acqua particolarmente benefica per fegato e intestino, sì che vennero a berla persino dai paesi viciniori) intervenne a risolvere un’annosa questione : i guasti procurati ai fondi privi di recinzione dallo sconfinamento degli animali. Una questione che da sempre a Modugno si risolveva amichevolmente, a meno che greggi e mandrie non appartenessero a rappresentanti del clero. Con arroganza secolare arcipreti e diaconi si rifiutavano di rifondere i proprietari danneggiati. Bona intervenne rendendo obbligatorio il risarcimento a carico di “chiunque”. Il capitolo della chiesa locale reagì chiedendo che almeno la pena prevista venisse ridotta. La risposta di Bona non si fece attendere : Un solenne ‘no’, “essendo ragionevole ch’ognuno sia patrone del suo”. La missiva si chiudeva con l’esortazione rivolta a quei religiosi “a frenare il licentioso vivere vostro et di detti vostri animali”.  Più in là, ancora la Duchessa dovette intervenire per contenere la protervia dei potenti. Era successo che gli ufficiali di guarnigione a Modugno, essendo stata proibita loro la richiesta di donativi ai cittadini, si vendicassero a danno degli stessi eccedendo tra carcerazioni e cauzioni. Bona intervenne con severità  avendo ben compreso che essendo stata tolta “agli capitanei di detta terra di rubare et assassinare suoi vassalli mediante le gracie concesse a detta Università, hanno trovato un altro modo d’impirse la borsa carcerando gli cittadini per ogni minima cosa”. Ancora alla magnanimità della Duchessa-Regina si rivolse il popolo di Modugno contro l’Università di Bari che, capitale del ducato, avanzava pretese di giurisdizione anche sui feudi minori : “La supplichiamo ne faccia grazia che non siano astretti detti tufaroli per la fabbrica di detta città di Bari ma solo per la fabbrica del castello di Bari in servigio di vostra maestà per essere sua camera”. A quanto è dato di capire, maestranze modugnesi assoldate per lavori di restauro al maniero federiciano erano state ‘distratte’ dal loro compito per assecondare le esigenze personali di prepotenti funzionari regi. Ancora la regina intervenne a ristabilire la giustizia. Grati, i modugnesi le confermarono in una missiva di “non essere vassalli d’altri che di vostra Maestà”.

Italo Interesse


Pubblicato il 21 Dicembre 2013

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