Bosch: crisi infinita, futuro incerto e migliaia di operai che non perdono la speranza
Al tavolo di concertazione la possibilità per non perdere le occasioni concesse con il Pnrr di rilancio
Una crisi lunga quasi quindici anni, quella ai margini della zona industriale di Bari con un ex colosso come la ‘Bosch’ e un grande gruppo come la Getrag costrette a fare i conti oramai da tempo coi provvedimenti di cassa integrazione e futuro sempre più incerto per migliaia di persone. Un quadro ancora oscuro, quello che aleggia nello stabilimento barese attanagliato dall’indotto a singhiozzo, dagli ordini fantasma e, soprattutto, dagli operai che pagano in prima persona il prezzo più alto d’una crisi che ora rilancia, forse, uno degli ultimi appelli e gridi di dolore, per non perdere l’ultimo treno. Sono i lavoratori che producono pistoni per motori, batterie, ricambi, sistemi frenanti e ‘common rail’ per motori diesel, a Bari, quelli che non servono quasi più in proiezione e che distano oramai anni luce dall’arrivo dei “Tedeschi” – come li chiamavano loro, le tute blù…- della Getrag. Loro, sì, sempre pronti a mettersi in saccoccia gli incentivi nazionali e regionali per planare da queste parti, come polo avanzato della componentistica automobilistica. Ma di tempo ne è passato, da quando ‘Bosch/Bari’ era uno degli stabilimenti più avanzati nel mondo e i lavoratori deciso di non stare a braccia conserte, aspettando il licenziamento, quando è arrivata la crisi. Nera. Quando l’estate di tredici anni fa fu dichiarato lo stato di crisi, mentre i sindacati chiamavano a raccolta Governo, Sindacati, Presidente Vendola, Presidente Schittulli (allora c’era l’oncologo ancora all’ex Provincia), ma anche Sindaco Emiliano, deputati e senatori per chiedere conto a ‘Bosch/Italia’ del fiume di denaro pubblico erogato per garantire lavoro a Bari. Fatto sta che alla fine, dei novanta progetti annunciati da Bosch non è rimasto niente: solo un fiume di parole e promesse sciolto come neve al sole, mentre la Fiom chiedeva ai vertici aziendali un piano industriale che puntasse su prodotti innovativi e ambientalmente sostenibili. E così, alla riapertura del tavolo di crisi, non è mancato chi ha ripreso a chiedere un ‘piano di riconversione statale’, per salvare lo storico stabilimento barese. Al tavolo tecnico tenuto alla ‘task-force’ regionale lavoro alla presenza dei vertici societari e dei sindacati, un incontro-fiume per verificare il rispetto degli impegni firmati a luglio presso il Ministero per il lavoro, impegni coi quali sono stati bloccati fino al 2027 i seicentocinquanta licenziamenti. E cioè quasi la metà degli occupati, per ammorbidire i licenziamenti annunciati dalla fabbrica tedesca, al lavoro oramai da tempo in vista degli annunciati mutamenti nella motorizzazione degli autoveicoli per il 2035 dall’Unione Europea. Mutamenti epocali che, però, rappresentano un colpo mortale per la fabbrica già in crisi da troppo tempo, con la perdita del posto per i mille e seicento operai e impegati nello stabilimento. E in effetti il passaggio all’elettrico o all’idrogeno non consente di mantenere il personale esistente al lavoro in fabbrica, in quanto i motori elettrici prevedono grossi macchinari per la costruzione e scarsissima manodopera. I dirigenti della ‘Bosch’ hanno illustrato al tavolo di crisi gli sforzi per riassorbire almeno duecentocinquanta dei seicento e passa esuberi, cercando di localizzare da queste parti la produzione di bici elettriche. Proposte che al tavolo di crisi e concertazione hanno respinto al mittente i rappresentanti sindacali, convinti che la strada migliore da percorrere nell’interesse dei lavoratori sarebbe il ricollocamento del grosso del personale in servizio nel capoluogo pugliese. Anche a costo di cambiare settore produttivo: in ballo ci sarebbero 3,5 miliardi di euro di finanziamenti per accompagnare la transizione all’elettrica, cosi’ come la Regione ha promesso di mantenere in piedi il discorso sugli incentivi senza perdere di vista quelle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per finanziare, appunto, progetti di mobilita’ ecologica e digitale. Ma ciò che ancora manca sono gli impegni concordemente adottati e rispettati da azienda, parti sociali e Governo con i lavoratori per il rilancio dello stabilimento di Bari. (fradema)
Pubblicato il 14 Settembre 2023